Una Giornata al Carmelo

Un suono di campana – talvolta una campana plurisecolare! – apre la giornata carmelitana. Un suono che non ha solo un valore pratico: al Carmelo, dove ogni cosa viene letta nelle luce di Dio, si è soliti considerare questo suono come la voce stessa del Signore che ci invita ora a pregare, ora a lavorare, ora riposare…

Le prime ore del mattino sono dedicate alla preghiera:

– orazione silenziosa, che «personalizza» il nostro rapporto con il Signore

– preghiera liturgica, che ci inserisce nel respiro stesso della Chiesa

– celebrazione eucaristica, che costituisce il cuore stesso della nostra giornata


La liturgia è il primo oggetto della nostra sollecitudine: all’attenzione del cuore accompagnamo la cura per l’esecuzione sapendo che come «spettatori» abbiamo nientemeno che l’Altissimo e tutta la corte celeste… e anche i fedeli – a volte numerosi – che vengono nella nostra chiesa a pregare con noi.


La cura per i paramenti e i vasi d’altare, la scelta dei canti, l’allestimento dei fiori… tutto ha come fine la bellezza della liturgia, e dunque è una forma di preghiera.


Lo sapeva bene anche Santa Teresina, che al Carmelo esercitava l’ufficio di sacrestana, e che vedeva in questo suo impegno un valore mistico: con quanta trepidazione e cura toccava i lini e i vasi dedstinati a toccare il Corpo di Gesù!

Parte della nostra giornata è dedicata anche all’approfondimento della spiritualità e alla formazione personale e comunitaria.


Il lavoro comune è distribuito tra mattina e pomeriggio e viene effettuato in spirito di preghiera e con il cuore volto al Signore.


Il più delle volte si tratta del comune lavoro di una comune famiglia: dalla cura per il decoro degli ambiente alla cucina…


…dal guardaroba alla cura delle sorelle anziane…
Ed è bello pensare che in questi modesti e semplici lavori siamo state precedute da una schiera di sante!


Questa ad esempio è la cucina del Carmelo di Avila, dove Santa Teresa assicurava che si poteva trovare Dio nè più né meno che nell’orazione: Dio cammina tra le pentole, diceva con il suo linguaggio piacevolmente scherzoso!


Ora le cucine dei nostri monasteri si sono adeguate ai tempi, e sono luminose e funzionali: ma solo fino alla metà del secolo scorso, come si vede dalla fotografia, assomigliavano molto a quella dove Santa Teresa trovava Dio tra le pentole!


Lo stesso vale per il bucato, le cui modalità, fino a qualche decennio fa (la foto è degli anni ’40), non differivano molto…


da quelle immortalate in questa celebre fotografia che vede Santa Teresina impegnata tra le sue novizie.


Anche la cura dell’orto fa parte dei nostro compiti.. e anche in questo abbiamo degli llustri precedenti! Qui vediamo ancora Teresina (in alto, al centro) impegnata addiritttura nelle fatiche della fienagione, secondo le consuetudini del tempo.


Infine, in passato come ai giorni nostri, c’è sempre posto per qualche lavoro di tipo artigianale e creativo che, oltre a mettere a frutto i talenti personali di ciascuna, consente alle monache di arrotondare le loro modeste entrate: e mentre il lavoro artigianale ci richiama il «lavoro» del Dio creatore, quello più faticoso e meno appagante ci accomuna ai milioni di nostri fatelli che devono mantenere la famiglia con sudore e sforzo.

Le due ore di ricreazione volute dalla Santa Madre Teresa caratterizzano fortemente la giornata carmelitana colorandola di fraternità, amicizia e allegria!


E così, tra il canto di un salmo e la cura di una inferma, tra un brano di Vangelo da contemplare e una pila di biancheria da stirare, tra la lettura della pagina di una santo e una corsa in portineria, tra il silenzio del chiostro e la conversazione festosa nei tempi destinati alla ricreazione, tra la sobrietà della vita e i pasti in comune… termina la nostra giornata.
Termina nella consapevolezza serena che ogni minuto ci è stato regalato da Dio, che ha provveduto non solo a farcene dono, ma anche a suggerirci come impiegarlo, attraverso il suono della campana, le disposizioni della Regola, e le richieste della Priora, delle sorelle e della vita stessa.
E noi gli rendiamo questi minuti, queste ore e queste giornate nella speranza che Egli li accolga come una Laudem gloriae, una lode di gloria per il suo Nome benedetto nei secoli. Amen!

Il Futuro del Carmelo

RIFONDAZIONE DEL CARISMA
padre Camillo Maccise, Preposito Generale

PREMESSA

            Io penso che il futuro del Carmelo non sia altro che il futuro della vita consacrata. In fondo facciamo parte della stessa storia, siamo inseriti nell’unico cammino della vita consacrata e la vita consacrata è parte integrante della vita della Chiesa e non mancherà mai, come dice il documento Vita Consecrata. Ma lo stesso documento, al numero 63, parla del rischio di morte che incombe su alcuni istituti religiosi. Lungo la storia molti istituti religiosi sono spariti; hanno adempiuto la loro missione e sono entrati nel mistero pasquale di morte e resurrezione. Questo numero 63 è interessante perché cerca di consolare gli istituti in via di estinzione mettendo loro davanti il mistero pasquale. Per altri istituti invece, si presenta il problema di ciò che si chiama rifondazione o ristrutturazione, rilettura, fedeltà creativa, cioè una forma nuova di vivere lo stesso carisma. E’ difficile prevedere il futuro e non possiamo dire al 100% che il futuro sarà in un certo modo; ma se siamo capaci di fare un’analisi dei segni dei tempi e dei luoghi, potremo scoprire il seme che ci fa prevedere almeno parzialmente qualcosa di quello che avverrà in futuro.

SCRUTARE LA STORIA

PER RIFONDARE IL CARISMA

Quale sarebbe da questa prospettiva la situazione del Carmelo femminile, maschile e laicale? Prima di tutto, secondo me, dobbiamo considerare la realtà – come siamo, dove stiamo – e poi illuminarla con le sfide che si presentano e che esigono una risposta, così da poter almeno scorgere quale sarà il futuro del Carmelo.

            Il Concilio Vaticano II nel documento Gaudium et spes – il documento sulla Chiesa e il mondo contemporaneo – al numero 4 dice: “per svolgere questo compito (cioè il compito di testimoniare e annunciare Cristo) è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo; così che in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatica”. Quindi il primo passo è quello di conoscere la realtà del mondo, della Chiesa e poi del Carmelo. Dobbiamo smettere di pensare che siamo persone dispensate dal conoscere la realtà del mondo: la storia della salvezza si svolge in questo pianeta, cioè in queste circostanze storiche. Ogni epoca della storia è un’epoca di Dio, dello Spirito. E’ peccare contro lo Spirito santo pensare che si sia manifestato solo nel passato. Tutte le epoche sono epoche dello Spirito perché è lui che guida la storia. Poi ci sono i carismi della vita consacrata, che si trovano sotto l’influsso delle circostanze storiche e quindi non possono evitare il logorio della storia. Per questo si parla di rifondazione. Una casa ha bisogno di manutenzione. Anche voi sapete che dopo aver finito un bel monastero, già nei due o tre anni successivi iniziano i problemi perché le strutture si logorano. Lo stesso accade per le strutture della vita religiosa e, nel nostro caso, del Carmelo: sono soggette ad un logorio. Nuove situazioni presentano nuove sfide che esigono cambiamenti, lasciando intatti il carisma e l’identità. Ecco perché dobbiamo cercare forme nuove per conservare le strutture portanti dell’edificio che chiamiamo “carisma” dell’istituto. Bisognerà cambiare tante cose, metterle a norma di legge del Mercato Comune Europeo. Ristrutturare un edificio comporta tanti problemi: i costi, i rumori, la polvere… e tutti diciamo: “Quando finirà?” Lo stesso accade nel processo di rinnovamento della vita religiosa. Qui, però, la legge che guida è lo Spirito santo.

Luci e ombre del mondo contemporaneo

            Quando abbiamo aperto la sessione di questa assemblea vi avevo accennato alle grandi caratteristiche del mondo di oggi e le avevo raggruppate in quattro punti:

1. secolarizzazione 

2. liberazione

3. globalizzazione

4. nuova etica.

            Riprendo queste sfide per vedere come assumerle nella vita consacrata e – in un secondo momento – nell’esperienza del Carmelo.

            In tutti questi fenomeni ci sono aspetti positivi e negativi: occorre valutarli per vedere cosa va accolto e cosa rifiutato o addirittura contestato.

  1. La secolarizzazione

comporta una trasformazione della relazione dell’essere umano con la natura, con gli altri e con Dio. E’ il fenomeno della desacralizzazione per affermare la legittima autonomia della persona, della cultura e della tecnica. In passato non esistevano i medici specialisti e quando c’era una malattia ci si rivolgeva ai santi specialisti per quella malattia: per le malattie della gola San Biagio, per quelle degli occhi Santa Lucia, per problemi di carattere psicologico-affettivo Sant’Antonio, per il mal di denti Sant’Apollonia e così via… C’era una sacralizzazione della società. Ciò non significa che non dobbiamo avere fede e non pregare più i santi. Questo resta sempre valido e possiamo pregare il Signore tramite la mediazione dei santi, ma il fatto di “specializzarli” è indice di una società sacralizzata. Perché per gli occhi devo rivolgermi a santa Lucia e non ad un altro santo?

Quando la secolarizzazione provoca squilibri tra l’autonomia dell’essere umano e la perdita del senso della trascendenza diventa secolarismo, cioè abbiamo autonomia, ma possiamo perdere il senso della Trascendenza; allora è valido solo ciò che vediamo e tocchiamo. Venendo meno i valori religiosi si creano nuovi miti o idoli. Diceva Chesterton che quando una persona non crede in Dio non è che non creda in altre cose: crede in tutto. Per questo motivo oggi i maghi guadagnano tanti soldi. Nella sola Parigi ci sono tremila persone che offrono servizi per leggere il futuro: è la chiromanzia. Inoltre c’è il fenomeno dell’atomizzazione della famiglia, una disintegrazione dei suoi valori del passato e, più in generale, uno squilibrio tra la cultura tradizionale e la post-modernità.

  • La liberazione

è un altro fenomeno molto importante, anche se questa parola è stata spesso satanizzata. Eppure emergerà sempre perché il vangelo è per la libertà e la liberazione. C’è una liberazione che desiderano le persone, i gruppi, i popoli, le razze, le culture che non vogliono essere degli oggetti nelle mani di coloro che detengono il potere, ma desiderano essere protagonisti della propria storia e perciò vorrebbero una certa uguaglianza, responsabilità, partecipazione, comunione. Anche in questo campo ci sono degli squilibri tra liberazione e nuove forme di oppressione, emarginazione e sfruttamento dei più deboli, tra concentrazione del potere economico, politico, militare e tecnico in mano a pochi e grandi masse che vedono minacciata la loro dignità personale e collettiva senza possibilità decisionali.

  • La globalizzazione

è il terzo fenomeno. Oggi il mondo vive un processo di unificazione a causa dell’interdipendenza crescente in tutti gli ambiti. La terra è diventata un villaggio globale con vincoli economici, commerciali, politici, militari. Inoltre i mass-media o mezzi di comunicazione hanno avvicinato le persone in un mondo pieno di comunicazioni, informazioni e incontri: un processo pieno di contraddizioni.

            Il potere economico si concentra in poche mani e così la comunicazione e l’informazione. Esiste un controllo di tutto. E’ interessante vedere come il futuro del mondo si gioca nella comunicazione. Qualche tempo fa Clinton diceva che gli americani erano stati i primi a vedere che il futuro del mondo si giocava nell’industrializzazione, ma oggi si gioca nella comunicazione. Persino le guerre si possono fare attraverso la comunicazione. La guerra del Golfo è stata tutta un montaggio della comunicazione per risolvere i problemi economici degli Stati Uniti e tutti siamo caduti nella trappola! Prima hanno creato il “mostro” Saddam Hussein, che aveva il terzo esercito del mondo, dopo Stati Uniti e Russia, mentre il popolo era costituito da poveracci che non avevano neppure le scarpe. Una volta creato questo pericolo, hanno dato il via a Saddam Hussein facendogli capire che se fosse intervenuto nel Kuwait non avrebbero fatto niente. Entrato lì, c’è stata subito la reazione statunitense che diceva di voler porre fine a questa minaccia per l’umanità. I paesi europei non volevano mandare l’esercito, ma hanno dato aiuti economici; anche il Giappone, per esempio, ha dato un miliardo di dollari; invece gli Stati Uniti hanno mandato l’esercito per collaudare i loro armamenti. Le spese di questi armamenti sono state sostenute dall’Europa e dal Giappone. Poi Saddam ha distrutto e bruciato molte cose in Kuwait e loro sono arrivati con l’esercito per ristrutturare lo stato con le Compagnie americane. Così ci hanno guadagnato nella guerra e nel dopoguerra e tutto è stato fatto attraverso i mezzi di comunicazione. Negli Stati Uniti abbiamo un terziario carmelitano che lavora al Pentagono e anni fa, quando sono andato come definitore mi ha detto: “Padre, adesso le guerre si creano così. Per il 2017 si prevede un’altra guerra mondiale. Ma tutto sarà fatto attraverso i pulsanti di queste realtà sofisticate, le informazioni, i missili e tutte queste cose. E sarà tutto facile”. Vedete quali squilibri ci sono: progresso industriale e povertà; ecologia con esaurimento di alcune materie prime; paesi ricchi che continuano ad arricchirsi a scapito di quelli più poveri, nei quali le persone che hanno tutto nelle loro mani sono un gruppo sempre più piccolo.

  • Infine, la nuova etica.

            C’è una crisi dell’etica del passato e la ricerca di una nuova etica. Benché ci sia un’esplosione del sacro, questa ricerca non è diretta dalle istituzioni religiose. Quando si cerca di organizzare la convivenza sociale si relega Dio e la religione ad un ambito privato.

            Nel mondo in cui viviamo, però, ci sono anche degli aspetti positivi: la coscienza del valore della persona e dei suoi diritti fondamentali, la ricerca di una nuova armonia tra l’essere umano e la natura – il grosso problema dell’ecologia -, la sensibilità di fronte al problema della vita, della giustizia e della pace, la consapevolezza del valore delle diverse culture all’interno della comunità nazionale e internazionale con una certa relativizzazione dei nazionalismi, la ricerca di un nuovo ordine economico internazionale, una nuova situazione della donna della società. In particolare, riguardo all’ecologia, cresce il senso della responsabilità dell’essere umano di fronte al futuro che esige una pianificazione. Infine c’è una maggiore sensibilità per esperienze religiose e mistiche come ricerca di un processo liberatore e di crescita personale.

UN FUTURO PER LA VITA CONSACRATA

            Alla luce di queste prospettive quale sarebbe il futuro della vita consacrata?

            Bisogna innanzitutto dire che attualmente la vita consacrata ha queste grandi sfide:

–              una nuova spiritualità;

–              la vita fraterna, cioè un modo più chiaro di manifestare la dimensione comunitaria della storia della salvezza, così che le comunità possano diventare centri di dialogo multiculturale;

–              il profetismo, cioè saper interpellare le società con la testimonianza della vita;

–              l’opzione preferenziale per i poveri, luogo normale della vita consacrata;

–              l’inculturazione, che porta con sé l’unità nella diversità;

–              la collaborazione con i laici.

IL CARMELO “AL FUTURO”

Attualità e prospettive del carisma

            All’interno del quadro che vi ho tracciato, quale sarebbe il futuro del Carmelo?

            Tenendo conto degli avvenimenti che negli ultimi vent’anni hanno segnato la vita carmelitana, possiamo prevedere che il Carmelo continuerà ad esistere e anche con una missione più forte proprio per l’attualità del nostro carisma all’interno della Chiesa. Il centenario di Santa Teresa nell’82, di san Giovanni della Croce nel ‘91, il dottorato di Santa Teresa di Lisieux nel ‘97, la canonizzazione di Edith Stein nel ‘98 e poi, in tono minore, altre beatificazioni e canonizzazioni come quella di Santa Teresa di Los Andes – la prima monaca di clausura carmelitana cilena canonizzata – hanno messo in rilievo la ricchezza della spiritualità e l’attualità della missione del Carmelo. Per questo credo sia possibile pensare ad un futuro per il nostro Ordine.

costituire piccole comunità  semplici, fraterne, vicine alla realta’

            Al numero 93 dell’Instrumentum laboris per il Sinodo sulla Vita Consacrata si diceva come le strutture della vita consacrata siano state elaborate nelle società del medioevo o nel mondo della rivoluzione industriale degli ultimi secoli e quindi come non sempre siano adatte ad esprimere i bisogni e i desideri delle donne e degli uomini del nostro tempo

            Io penso che il Carmelo del futuro dovrà essere composto di piccole comunità oranti, fraterne e impegnate nell’evangelizzazione, anche quelle contemplative: la dimensione evangelizzatrice ed apostolica della loro vocazione passerà sempre attraverso la preghiera, che non è un apostolato diretto, ma che sarà un segno più forte. Queste piccole comunità vicine alla realtà saranno chiamate ad essere testimoni della presenza di Dio nel cuore della Chiesa, della storia e del mondo. E’ ovvio che se le comunità saranno vicine alla realtà, si esigerà un cambio di strutture. Fin da oggi si richiedono otri nuovi per un vino nuovo, nuove piante prese dallo stesso seme, che è l’essenziale del carisma del Carmelo, per poterlo vivere e trasmettere in un linguaggio esistenziale, più intelligibile per il mondo di oggi.

            Le comunità carmelitane, sia maschili che femminili, dovranno essere aperte a condividere il carisma e la spiritualità con i laici. I laici ci aiuteranno ad essere sempre vicini alla realtà, a conoscere da vicino i veri problemi dell’umanità. Questo sarà l’invito ad una vita ancora più semplice per trasformare le nostre strutture – ciascuno secondo la propria missione all’interno del Carmelo – in luoghi di incontro per coloro che ricercano la preghiera contemplativa.

vivere trasmettendo l’esperienza di Dio

            Tra i fenomeni del secolarismo sottolineavo la sete di spiritualità che c’è nel mondo di oggi e che tante volte degenera in spiritualismo o una spiritualità “light”, cioè dove – ad esempio – ciascuno prende alcune cose dal buddismo, altre dalla vita cristiana e si fa il proprio menù.

            Tutte le comunità carmelitane – contemplative e apostoliche -dovranno incentrarsi sull’assoluto di Dio per essere scuole di preghiera capaci di aiutare le persone a diventare non solo persone che pregano, ma dei veri contemplativi. Il documento Apostolicam Actuositatem, sull’apostolato dei laici (cfr. n°4), descrive molto bene il contemplativo: “Solo alla luce della fede e della meditazione della Parola di Dio è possibile sempre e dovunque riconoscere Dio nel quale noi viviamo, ci muoviamo e siamo, cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in se stesse e in ordine al fine dell’uomo”. Quindi non basta pregare per essere contemplativi: occorre il contatto con la realtà, cioè la capacità di scoprire Dio negli avvenimenti, nelle persone, nelle cose positive e negative della storia, perché lì Dio ci mette in questione e ci interpella. Solo questa contemplazione impegnata sarà in grado di rivelare il volto di Dio, del Nostro Signore Gesù Cristo alle persone che lo cercano a tastoni.

            I membri del Carmelo Teresiano del futuro dovranno impegnarsi di più per diffondere l’amore e la conoscenza di questo Dio che abbiamo incontrato nella preghiera e che ci conduce ad un impegno per il mondo, per la giustizia e per la pace. Fin d’ora dobbiamo aiutare le persone a scoprire Dio come sorgente di pienezza e di speranza, come Padre e Madre, come qualcuno che ci è sempre vicino.

leggere e insegnare a leggere

la parola di Dio nella scrittura e nella vita

Negli sforzi di ricerca del senso della vita e della verità la Parola di Dio è la luce che illumina, orienta i credenti in Cristo, Parola del Padre. Il Carmelo, sin dalle sue origini – come dice la nostra Regola – ha avuto come ideale la meditazione – “giorno e notte”– della Parola del Signore. Perciò dobbiamo vivere all’ascolto della Parola e abbiamo il compito di educare a questo anche i nostri membri e le altre persone che si avvicinano a noi. Ma si tratta di una lettura vitale, che procede dalla convinzione che la Scrittura sorge dalla vita e dall’esperienza di un popolo guidato da Dio che, a partire dalla fede, scopre la sua presenza nella storia e cerca di rispondere alle sue interpellanze nella storia. Questa è l’origine della Bibbia: un popolo che cerca, che ascolta Dio nella storia e tenta di rispondergli nella storia. La Bibbia è l’esperienza-modello con la quale noi dobbiamo confrontare tutte le nostre esperienze.

            La missione delle comunità carmelitane sarà quella di essere centri che accompagnano spiritualmente la lettura della Scrittura per trasformarla in un avvicinamento orante e contemplativo impegnato. La Dei Verbum (cfr. n°25) diceva citando Sant’Ambrogio: “Quando preghiamo parliamo con Dio, Lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini”. Questo metodo aiuterà le persone a superare una lettura spiritualista e fondamentalista della Bibbia e a scoprire le chiamate di Dio nella realtà di ogni giorno. Credo che qui ci sia una grande sfida per tutti i contemplativi, religiosi, laici, apostolici nel Carmelo.

saper guidare nei cammini della spiritualità

            Se noi viviamo in profondità l’esperienza di Dio, se ascoltiamo la sua Parola saremo capaci di iniziare gli altri a questo. Perciò dobbiamo creare degli spazi e dei mezzi per questa esperienza secondo la nostra vocazione all’interno dell’Ordine. Per il Carmelo apostolico potrebbe essere la creazione di centri e/o istituti di spiritualità, case di preghiera ecc. Per il Carmelo contemplativo l’adattamento di strutture che, rispettando i ritmi della vita monastica, rendano possibile il condividere in qualche modo questa esperienza. In questo senso i documenti sulla vita consacrata, lo stesso Vita Consecrata, parlano di comunità contemplative come centri di dialogo ecumenico, di irradiazione spirituale ecc.

costruire una comunione dinamica

tra tutti gli istituti della famiglia

del carmelo teresiano.

            Abbiamo 73 istituti affiliati all’Ordine, con una grande ricchezza di sfumature nel modo di vivere la spiritualità nel Carmelo: sono le sfumature di ciascun carisma, ma con una base comune. Credo che si debba cercare una collaborazione anche nei diversi campi della pastorale, della formazione, della nuova evangelizzazione e instaurare un nuovo rapporto con il Carmelo Secolare.

            Durante la prima settimana di settembre di quest’anno si terrà in Messico il secondo Congresso Internazionale del Carmelo Secolare. Uno degli scopi è quello di rivedere la regola di vita che è ancora troppo clericale: ancora oggi i membri del Carmelo Secolare sono considerati come religiosi nel mondo; mentre dopo il Concilio Vaticano II e il Sinodo sui laici nella Chiesa e il documento Christifideles laici dovremmo avere un’altra visione. E’ importante che i laici restino laici e come tali arricchiscano il Carmelo, cioè offrano il recipiente del loro stato di vita laicale per ricevere il liquido del  carisma e della spiritualità del Carmelo dentro una forma laicale e facendo in modo che tutte le ricchezze racchiuse nel carisma possano svilupparsi.

affrontare, a partire dalla propria identità,

le quattro grandi sfide

1.            Secolarizzazione.

La secolarizzazione trova nell’esperienza del Carmelo delle linee che possono orientarlo. I nostri grandi mistici hanno cantato il valore delle realtà temporali, delle realtà terrestri: pensate alle poesie di San Giovanni della Croce che parla della manifestazione di Dio nella creazione e delle creature che, pur dicendoci qualcosa, non ci rivelano mai del tutto il volto di Dio. I nostri santi hanno visto nelle realtà di questo mondo dei mezzi per andare oltre e per aprirsi al Trascendente, a Dio presente. Voglio dire che la dimensione contemplativa e orante del Carmelo dovrà essere vissuta e presentata agli altri come apertura al Trascendente, come sorgente di speranza nei cammini della trasformazione del mondo, come cammino per il dialogo ecumenico interreligioso nei diversi contesti socio-culturali..

2.            Liberazione.

            Questo fenomeno è frutto della coscienza della dignità umana ed esige un impegno efficace di tutti i credenti nella difesa e nella promozione dei diritti umani. Il Carmelo del futuro non potrà restare indifferente a queste sfide, sapendo come Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, nostri maestri di vita spirituale, hanno parlato della dignità della persona creata ad immagine di Dio e chiamata alla trasformazione in Lui. Il nostro Santo Padre nella preghiera dell’anima innamorata canta la bellezza dell’essere umano e poi si esprime in quella sua frase geniale. “Un solo pensiero dell’uomo vale più di tutto il mondo. Perciò solo Dio ne è degno” (Par 1,32).

3.            Globalizzazione.

            Ci mette in comunicazione con il mondo e trasforma il mondo; ma nello stesso tempo è all’origine dell’emarginazione delle persone e della povertà. La preghiera carmelitana, se viene intesa come dialogo di amicizia con Dio e cammino di comunione con lui, renderà possibile al Carmelo del futuro l’essere strumento di dialogo, di comunione e di comunicazione.

4.            Nuova etica.

            L’esperienza contemplativa di Dio metterà in rilievo il bisogno di contare su di Lui nell’elaborazione dei valori etici, perché solo Dio è alla base degli autentici valori e senza di lui non si può creare niente di autentico.

Queste sono delle riflessioni che ho fatto per preparare un piccolo articolo per la rivista “Interiorità cristiana” dei nostri padri della Provincia della Germania e della Semi-Provincia dell’Austria.

            La conclusione potrebbe essere riassunta così: abbiamo bisogno di otri nuovi per mettere vino nuovo. Il Carmelo dovrà prepararsi al futuro tramite cambiamenti profondi delle strutture, che saranno pluriformi e adattate alle diverse culture e situazioni, pur mantenendo l’essenziale.

L’UNITA’ NELLA DIVERSITA’:

UNA GRANDE SFIDA ANCHE PER IL CARMELO

            Torniamo ora alla grande sfida della Chiesa del nostro tempo: l’unità nella diversità.

            Per gli ebrei convertiti al cristianesimo esisteva un solo modo di essere cristiani: la fede in Gesù Cristo e tutte le pratiche dell’ebraismo. San Paolo si è opposto dicendo che l’essenziale era solo Gesù Cristo. Grazie a lui il cristianesimo non è rimasto una setta ebraica, ma si è aperta all’universalità. Anche noi oggi dobbiamo essere aperti a diverse modalità, a diversi tipi di comunità carmelitane, anche contemplative. Ci saranno ambienti in cui dovrà prevalere la struttura monastica con comunità numerose – anche trenta persone, tenendo conto delle anziane – perché lì la testimonianza si avvale di questo tipo di strutture monastiche. In altri contesti, invece, la soluzione dovrà consistere in comunità più piccole – magari composte da cinque persone -, con meno strutture esterne e più inserite nella realtà della Chiesa locale, tenendo presente che quando i gruppi sono piccoli c’è bisogno di strutture come le associazioni e le federazioni, che li accolgano, li proteggano e li aiutino. Ovunque e sempre sarà necessario conservare i valori essenziali; ad esempio, una comunità contemplativa non potrà diventare apostolica.

Identità e creatività

            Voi siete chiamate monache. Ma c’è una grande differenza tra un monastero di monache, per esempio benedettine e un monastero di carmelitane. Per vivere una liturgia come quella benedettina si richiede una comunità di quaranta persone almeno. Eppure al Capitolo Generale abbiamo avuto l’occasione di andare a Mont Saint Michele dove c’erano due uomini benedettini e una donna di un ramo benedettino di diritto diocesano; ma coi microfoni e gli altoparlanti sembrava che cantasse un coro. Voglio dire che nel futuro ci dovrà essere una diversità delle comunità carmelitane secondo le situazioni. Il punto centrale è che rimangano “piccoli collegi” di Cristo e che vivano fraternamente una vita puramente contemplativa a servizio della Chiesa.

Spesso, quando penso a Taizè, mi chiedo perché i nostri monasteri contemplativi non diventano un polo di attrazione – anche senza avere delle strutture così grandi – per le giovani e i giovani. E rispondo dicendomi che nella maggior parte dei casi il problema è costituito dalle strutture. Ma i Carmeli dovrebbero proprio essere centri di irradiazione spirituale! I monaci di Taizè non escono mai a parlare con le persone: hanno il loro monastero e osservano molto la clausura; ma partecipano, organizzano bene le cose con un linguaggio adatto ai giovani e così diventano centri di irradiazione spirituale. Questo, però, richiede preparazione, anche per la formazione dei/delle futuri/e carmelitani/e scalzi/e. Il Carmelo nel futuro potrà vivere e testimoniare i valori del carisma solo se sarà capace di tornare all’essenziale e liberarsi di tutte le aderenze sociali, culturali ed ecclesiali che sono frutto di un’epoca, di una mentalità e di un altro contesto. Non abbiate paura! L’abnegazione evangelica, la contemplazione, la fraternità teresiana saranno un’esigenza nel futuro come lo sono state nel passato; però un rinnovato impegno coi valori dinamici della fedeltà creativa, l’accettazione del rischio con decisione e fiducia, la conversione, la giustizia, l’amore, la responsabilità personale, tutto questo può e deve aiutarci a vivere una nuova dimensione, a dire una parola esistenziale. Oggi tanti valori sono resi inintelligibili a causa di strutture che non rispondono alla mentalità e ai valori attuali. Soltanto voi, che vivete la vostra vita, potrete preparare questo futuro.

Un esempio di presenza diversificata

            Recentemente un monastero della Germania mi ha chiesto un parere sulla possibilità di una fondazione nella città di Amburgo priva di una presenza contemplativa. Siccome sapevo che le monache di quel monastero erano poche, ho chiesto il parere all’associazione, anche se non ha alcun potere giuridico. Di solito se l’associazione dà il permesso, anch’io lo concedo; se l’associazione si oppone, soprattutto in questo momento di carenza di vocazioni, lo faccio anch’io. Però la priora mi ha spiegato che volevano fare una comunità, una fondazione giuridica nel senso forte della parola. Il vescovo aveva chiesto loro una presenza contemplativa e avevano pensato di mandare tre suore per vedere che cosa si poteva fare. Non era previsto un grande monastero, piuttosto una piccola struttura, un ambiente adeguato per la loro vita con l’intenzione di creare un centro di preghiera, di irradiazione e di contemplazione nel cuore della città. Davanti ad una proposta che non richiedeva personale, l’associazione si è mostrata favorevole e anch’io ho concesso il permesso. Questa è una possibilità di presenza diversificata del Carmelo nel futuro.

CONCLUSIONE

            Io con questa riflessione vorrei invitarvi a vedere le cose, a pensare, a domandarvi, a chiedere e credo che lo Spirito, che ci mette davanti queste sfide, ci aiuterà a trovare la via d’uscita da questi vicoli a volte così ciechi per noi. Certo, quando si parla di queste cose si corre il rischio di essere fraintesi perché altri possono prendere delle frasi fuori contesto e scriverle in una bella lettera alla CISVA; ma io sono disposto a correre tutti i rischi. Per nove anni è stato così e penso che il Signore non si stancherà di aiutarmi fino alla fine dei dodici anni perché sento mio dovere informarvi, visto che ho avuto delle occasioni viaggiando in più di cento nazioni e conoscendo la realtà del mondo a contatto della vita consacrata per tantissimi anni alla ricerca di nuovi cammini con i Superiori Generali, e poi lasciarvi libere. Ai frati ho una parola più forte da dire per obbligarli a riflettere e ad arrivare a delle conclusioni operative al Capitolo Generale. A voi posso solo presentare queste prospettive, aprire questi orizzonti per aiutarvi, senz’altro con la grazia dello Spirito santo, a vivere questo momento e a preparare un futuro. Certamente bisogna porre le fondamenta nello Spirito santo se vogliamo muoverci nell’oscurità senza stancarci e procurarci una formazione alla preghiera, alla vera contemplazione perché la vita dello Spirito possa inondare tutta la nostra esistenza e aiutarci a superare le esperienze di morte che dobbiamo attraversare per raggiungere, dopo momenti difficili, momenti di splendore.

            Una religiosa americana di vita apostolica che è stata la presidente delle religiose degli Stati Uniti – che sono circa 50 o 60mila -, una donna che supera i 65 anni e che non è un’esaltata ma una grande femminista, ha scritto un libro che è uscito l’anno scorso in italiano. Il titolo è: “Fuoco sotto la cenere” Alcune cose possono sembrare esagerate, ma è un libro fatto per scuotere e per aiutare a riflettere. Certamente si rivolge soprattutto alle religiose di vita attiva degli Stati Uniti, ma ha delle intuizioni che possono aiutare anche noi. Non tutto è Parola di Dio, non tutto si può accettare ad occhi chiusi; ma questa donna dice delle grandi verità che ci aprono a nuove dimensioni, a nuove possibilità.

            Insomma, il futuro è nelle mani di Dio; ma tocca a noi prepararlo. Lui renderà possibile ciò che per noi è impossibile. Ricordiamo quelle parole dell’angelo a Maria: “Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio”.

Tratto da:

IL FUTURO DEL CARMELO:

RIFONDAZIONE DEL CARISMA

padre Camillo Maccise, Preposito Generale

Atti assemblea elettiva 2000

Maria e il Carmelo

INDOLE MARIANA DELLA VOCAZIONE CARMELITANA 

padre Flavio Caloi, vicario generale 

1. LA REGOLA E LE COSTITUZIONI: UN’INCARNAZIONE DEL VANGELO 

Noi sappiamo che la Regola e le Costituzioni sono i testi fondamentali per noi per puntualizzare meglio il Vangelo nella nostra vita. La regola fondamentale della nostra esistenza è il Vangelo, al di là, dentro, oltre, prima e al centro di tutta la nostra esistenza. Tutte le altre leggi, le altre indicazioni e gli altri testi sono dati a noi per vivere il Vangelo e per essere delle persone che nello Spirito Santo danno spazio a Gesù nella quotidianità. I testi costituzionali ci aiutano a focalizzare certi aspetti della nostra Regola che è fortemente evangelica e fortemente biblica. 

2. LA “MARIANITÀ” COME SOSTANZA DEL NOSTRO ESSERE 

Già nei primi numeri delle Costituzioni (n.2) noi troviamo una affermazione che credo importante: “Le origini dell’Ordine, il titolo della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo e le antiche tradizioni spirituali, dimostrano l’indole mariana e biblica della vocazione carmelitana”. Subito si parla di indole, cioè della caratteristica nostra. Ma la parola “indole” non significa soltanto apparenza esterna; in questo senso, significa la “sostanza”, ciò che veramente caratterizza il nostro essere. E’ la marianità e quella marianità che è trasparenza di Dio, che è tutto di Dio. Perché se Dio in se stesso è povertà, è l’estrema povertà perché è l’amore (e l’amore è sempre spossesso di se stesso, è sempre dono all’altro, è sempre vivere per un altro), colei che è vergine, cioè che non è impedimento in nessun aspetto, che è solo trapassata dalla luce e dall’amore – la Vergine – è povertà. Non è che faccia un gesto di umiltà dicendo: “Io sono l’ancella del Signore, sono un niente… Dio ha guardato…” No. E’ proprio povertà perchè è svuotata di se stessa. E’ soltanto una persona che indica un Altro, che vive per un Altro, che è per un Altro: per il Figlio; che vive per il Padre, per la volontà del Padre; che è solo nutrita di Spirito Santo. Quindi, è evidente che “indole mariana” significa presenza totale di Maria dentro la nostra vita. Non è una vernice esterna, ma è qualcosa che ci trapassa e non soltanto ci caratterizza per determinati contorni, ma ci impregna, ci intride. Abbiamo così un’indole mariana e biblica proprio perché la nostra vita è inserita nella parola di Dio fatta storia. 

Se siamo mariani e biblici – voi vedete subito – siamo nell’incarnazione e l’incarnazione parla sempre di storicità. Il vostro amatissimo provinciale parla di “laicità”: è la stessa cosa – la stessa batteria, dico io – cioè un dialogo con la storia e la storia è fatta da uomini, da persone, che vivono in un determinato luogo, in un determinato tempo. Si dà un valore veramente infinito al fluente e al transitorio, che è sempre portatore di eternità, che è sempre portatore di infinità. Il Signore però vuole che la fede – come dice Teresina – la viviamo qui ed ora perché è l’unico tempo in cui possiamo vivere di fede.  

Ieri, un testo che abbiamo letto nell’Ufficio diceva che Gesù è l’autore e il perfezionatore della fede perché Lui per primo ha avuto fede: la fede di Gesù Cristo. Prima facevano fatica a dirlo; quando poi l’ha detto Von Balthasar, tutti han detto che era vero, perché l’ha detto lui. Ma se Gesù Cristo è storico, ha fede anche Lui, perché se no non sarebbe uomo.  

Allora, un primo punto sarebbe: noi entriamo in un’indole mariana, che significa totalità di vita, caratterizzata dalla presenza di Maria. 

3. TESTI DI RIFERIMENTO 

Avrei altri cinque punti che mi sembrano venir fuori dai testi delle Costituzioni. Vi darò la lista dei testi, i numeri e poi vi indicherò cinque linee che mi sembrano nucleari, insomma delle piste. Sono cose che io ho segnato giù alla buona, recuperando “batterie” fatte nei tempi antichi, quando ero in una grande isola felice e gioiosa. 

I numeri che parlano della Vergine sono: n. 2 par. 1-2; 7, 10, 21; 28,1 – 31,3 – 41,3. I nn. dal n. 53 al 56 non li considero tanto perché sono quelli dedicati all’onore e alla devozione della Vergine Maria, cose – lo so – che voi seguite moltissimo. I pii esercizi di cui si parla ai nn. 57, 58, 59 sono molto importanti per voi, perché sono quelli che mettono i puntini sulle “i”. Tutto il resto è tutta teoria – voi direte -, tutta batteria del P. Flavio e va benissimo; però io le vostre batterie non le considero. Vedrete che ci sono dei numeri più caratterizzanti, soprattutto il n. 54 al par. 2, che è fondamentale per una riflessione mariana sulle Costituzioni. E’ uno dei testi più importanti, come altri, ad es. il 31. 

Ci sono infatti, dei testi che parlano della Vergine Maria che sono buoni, ma ce ne sono alcuni – due o tre – che sono strutturanti: è un’idea che possiamo farci delle Costituzioni secondo una visione mariana, con un cuore mariano. 

4. LINEE PORTANTI DELLA FIGURA DI MARIA 

Le linee portanti che, secondo me, emergono dalle Costituzioni sono cinque: 

  1. presenza e impronta di Maria (qui c’è scritto indole mariana, che può rientrare già nell’impronta, però io intendo in senso molto profondo, non superficiale, perché la superficialità in questi casi non serve a niente); 
  1. comunione con Maria o intimità, o legame. 
  1. modello, esempio, ideale in Maria (modello di vita, esempio di vita o di virtù, i voti, ecc.); 
  1. come Maria, cioè come Lei vivere, agire, parlare, muoversi; puntando l’attenzione sulla parola “come”; 
  1. accogliere Maria come Madre, patrona, maestra, ecc. E’ una accoglienza di Maria che diventa come luce. Il “come” – in questo contesto – ha un altro significato rispetto al precedente. L’altro era: come Maria vivere, come Maria agire; mentre qui è prendere la Madonna sotto un altro aspetto. 

A questo punto abbiamo definito una certa impostazione, un certo quadro. Incominciamo un po’ il cammino alla buona. 

a) Maria, Madre e Patrona 

Al n° 2 par. 2 della prima parte delle Costituzioni si legge: “Eleggendo la Beata Vergine a Madre e Patrona, l’Ordine si mette sotto la sua protezione, proponendosi il mistero della sua vita e della sua unione con Cristo come modello e ideale di consacrazione”. 

Riceviamo Maria come modello e ideale di consacrazione. Notate che le tematiche si uniscono e si agganciano. Nei gruppi sarebbe bene riflettere proprio sulle cinque linee fondanti accennate sopra, ritenendole come una sorgente di rinnovamento della vostra vita per scoprire le prospettive che già vivete o che potreste vivere, che potrebbero essere rinnovate o addiritura risultare nuove nella vostra vita. Guardate le Costituzioni con un occhio particolare, un occhio mariano che tiene in considerazione queste cinque piste. Nel paragrafo sopracitato sono già evidenti due piste, vedete? Eleggere la Beata Vergine come Madre e Patrona. 

Ognuno di noi potrebbe fare una certa riflessione: se ricevo Maria come Madre, cosa mi dice? Se lei è la mia mamma nel mio vivere le Costituzioni, come le percepisco queste parole? Una mamma è impositiva o è suggeritrice? Una mamma è sempre consolante o è anche stimolante ed energica? Non lo so, ognuno di noi ha la sua sensibilità; ma vedete che prospettive si aprono? Sta a voi. E’ certo però, che guardare le Costituzioni da un punto di vista mariano potrebbe essere molto stimolante. Infatti, come abbiamo detto, sono solo due le prospettive ivi presenti: quella mariana e quella biblica, tenendo presente che quella mariana è sempre in funzione biblica, sempre in funzione evangelica perché Maria vive solo per Gesù. Allora si rinnova anche un modo di recepire le leggi o certe norme o certi testi costituzionali, che in questo modo, invece di essere un peso, delle determinazioni, diventano soprattutto suggerimenti e stimoli. Mai leggere le Costituzioni sotto l’aspetto del peccato! Dovremmo tirarci via dalla testa la questione del peccato in una vita teresiana, perché non si vive per la paura, ma si vive per la gioia, per l’incontro, si vive per il dialogo e per l’amore. 

Durante diciassette anni in cui sono stato parroco ho cercato di dire solo una parola: “Dio è amore” e non ho mai parlato di peccato mortale, di inferno e di demonio. Alla fine credo che abbiano capito almeno quella idea lì. Una volta è venuto il Vicario generale della Diocesi – doveva dare le cresime e fare la visita pastorale -, e ha approffittato per dare una certa istruzione catechetica. Ha incominciato subito parlando del demonio, del peccato mortale e dell’inferno e io stavo lì ad ascoltare sorridendo. Siccome per cent’anni han sempre sentito parlare di tutte quelle cose, ho pensato che anche se per diciassette anni facevano un po’ di digiuno non avrebbe fatto loro male. Io credo che se noi amassimo, saremmo molto più virtuosi di quanto lo saremmo se fossimo invasi dalla paura. La paura può far scappare uno perché la casa brucia, ma la paura non getta uno nel cuore e nelle braccia di una persona amata. E il Signore ci ha sempre detto che lui è amore e misericordia e non ha mai avuto paura di dire che è misericordia anche per i più grandi peccatori. I tre Manoscritti di Teresa di Gesù Bambino terminano tutti con la parola amore e lei ci dice: “Anche se avessi i peccati più grandi del mondo andrei a gettarmi tra le braccia di Colui che mi aspetta”

L’indole mariana ci viene ad indicare un cammino di maternità perché eleggiamo la Vergine Maria come Madre e Patrona; quella che ci protegge. Ricordate le grandi Patrone nei grandi disegni antichi nei quali la Vergine Maria ha un manto immenso e tutta quella grande folla è raccolta sotto? Ricordate come Gesù piangeva davanti a Gerusalemme, e come Teresina nel giardino si commuoveva al vedere la chioccia che teneva sotto le ali i suoi pulcini? Ecco, la Madonna è là, e tiene tutti noi sotto la sua protezione: sotto un manto immenso che si dilata, è una Patrona.  

Ecco, se noi rileggiamo le nostre Costituzioni, abbiamo dal secondo numero questa indicazione di rotta. 

b) Maria, donna concreta nella ferialità 

Poi guardiamo al n. 7 l’esperienza della Santa Madre: “Realizzando la sua opera, intese assicurare fedelmente la continuità del Carmelo. Animò di nuovo afflato il culto filiale della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”

Si parla di figliolanza, quindi c’è ancora un rapporto di maternità. Riceviamo e accogliamo la Madonna, come Madre, ma con cuore nuovo, con uno spirito nuovo. La Santa Madre l’ha vissuto nel suo tempo; ma siccome il primo numero delle Costituzioni ci dice che dobbiamo sempre rinnovarci, incominciare sempre, “incominciamo ora”, sta a noi ora incominciare anche con uno spirito mariano rinnovato, ora! Il Concilio Vaticano II ci ha lasciato, a questo proposito, qualche parola sulla Madonna e può essere una novità anche per voi. Chi di voi andasse a leggere il libricino sulla Madonna di Antonino Bello, la scopre in una maniera nuova e non può rimanere insensibile. Qualcuno potrà dire: è un poeta. Ma certo; e se è un poeta, è un santo!. Leggiamo Antonino Bello sotto questo aspetto: la Madonna è descritta come una donna estremamente concreta, dalla vita feriale come la vostra. E’ un libro stimolante che fa vedere la Madonna in una maniera quotidiana, ma nuova. 

Se guardiamo a come Teresa di Gesù Bambino ha vissuto il suo rapporto con Maria, vediamo come le cose sono rinnovate: c’è una necessità di assaporare le cose antiche con cuore nuovo. Lo diceva ieri il Vangelo: “Vi do un comandamento antico che però è nuovo”; ed è nuovo perché c’è una esperienza nuova, perché Gesù ci porta un amore nuovo e ci fa diventare amici affinché noi siamo amici degli altri. Io credo che il riflettere sulla Vergine Maria necessita di un rinnovamento continuo. E’ stato pubblicato un libro dalla Cittadella intitolato “Nostra Signora degli eretici”. Me lo ha passato il Padre. Generale e ve lo consiglierei perché mostra tutte le sofferenze reali – è fatto basandosi su testi storici e sulla mentalità sia biblica che extrabiblica del tempo – e quello che Maria ha passato. Insomma, non si può non pensare al fatto che una ragazza quindicenne va via con un giovanotto; fa centocinquanta chilometri di andata e di ritorno e poi ti porta un fagottino... E si tiene questo figlio fino a trent’anni in casa, quando tutti si sposavano prima dei vent’anni. Bisognerebbe vedere cosa diceva la gente in quel tempo, ma non perché noi ce  lo inventiamo, ma perché i testi biblici o altri testi parlano di quelle cose. Quindi, bisogna vedere Maria in maniera molto, molto concreta. 

Guardate la forza di carattere di Teresina quando parla della Vergine Maria e guardate come certe volte lì lei – sempre rispettosa – diventa critica verso i predicatori. Un rinnovamento della nostra spiritualità o la teologia mariana, ci possono aiutare a capire le nostre Costituzioni, perché bisogna rileggerle con uno sguardo mariano ma nuovo e non solo con quello che abbiamo ricevuto. 

c) Maria, donna creativa, docibile 

Il n. 10 ci dice: “La vocazione delle Carmelitane Scalze è un dono dello Spirito per il quale sono invitate a una arcana unione con Dio nell’amicizia di Cristo e nella intimità con la Beata Vergine Maria, in una esistenza nella quale l’orazione e l’immolazione si fondono con un grande amore alla Chiesa”. 

Non voglio esser polemico, ma penso che noi siamo più portati a fermarci sulle ultime righe. Le Costituzioni alcune volte parlano di sobrietà, di semplicità, che è quella mariana e questo si acquista attraverso una convivenza con la Madonna. La convivenza con Maria è possibile se noi pensiamo a quello che si dice di lei nel Vangelo. Tutti gli aspetti mariani del Vangelo sono tutti aspetti di novità. Non ce lo aspetteremmo. Lei, abituata come tutte le persone ebree a non pronunciare il nome di Dio, a non vedere le immagini di Dio, si ritrova dentro nel suo corpo non solo una figura dipinta, ma una figura vera di carne ed ossa che è il Figlio di Dio: che è suo Figlio. Lo chiama, e lo vede; ma sta scritto: “Chi vede Dio muore”. Chi può dialogare con Dio che è fiamma? Eppure lei Gli parla con tenerezza, Lo incontra, Lo esperimenta. L’Annunciazione è un cambiamento radicale a cui però non era preparata. Ieri sera nel gruppo si diceva che certe volte bisogna prepararsi all’avvenimento: è un aspetto, è una possibilità pedagogica; ma molto spesso non si ha il tempo di prepararsi. L’Annunciazione è senza preparazione, lei dice “sì” nell’accoglienza. Dopo aver verificato le possibilità ha detto: “Io non conosco nessuno, come sarà?” “Abbi fiducia”… e ha dato fiducia piena perché in se stessa da sempre era fiducia, era trasparenza, era libertà. Era disponibilità. Questa è la prima novità che scopriamo. 

Poi la nascita. Non ci aspettavamo che Dio andasse a nascere nel fondo di una grotta; e quando Gesù scompare nel tempio non riusciamo ad immaginare che sua mamma per tre giorni se ne stia tranquilla senza invece accorgersi dopo mezz’ora. Ma quelle mamme che si accorgono che il figlio è scappato dopo mezz’ora, hanno il cuore di Maria? Non credo. Nello stesso tempo Maria è libertà e ricerca. Quando è in ricerca dice: “Eravamo angosciati…”, che è come dire: “Caro Figlio, stavolta fai così e vieni a casa”. Questa sua libertà la vediamo a Cana dove rinnova la festa e dice: “Fate, quello che vi dirà”, cioè: fate. Io me ne vado, ma fate. Voi mi direte: “Ma sono tutti testi interpretati teologicamente”. Può essere; però, guardiamo la sostanza: è il primo miracolo che si descrive nel Vangelo. E’ lei che prende l’iniziativa e apre l’ “ora”, anche se il Figlio dice: “Non è la mia ora”. Quando sente dire che suo Figlio è matto, lei non lo porta via anzi, sta là ad ascoltarlo mentre lui dice: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli… chi fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella e madre”; sta là tranquilla in mezzo a tutti i parenti che pensano che sia matto.  

Maria è sempre una novità, è sempre creativa. Quando il Figlio sta per morire e lei vorrebbe piangere, là stretta stretta, proprio Lui le dice: “Senti Mamma, va con quest’altro, va’ con questo qui”. Per me questo è uno dei passi più grossi del mondo. Io l’ho visto con mia mamma e dopo l’ho sentito dire di altri casi: portate via la mammina dalla sua casa per mandarla in casa di un altro; tirate via una donna dal suo posto e mettetela in un altro. In qualche monastero, tirate via una suorina dal suo ufficio, dalla sua stanzetta – lei che è molto distaccata – e stiamo a vedere come va a finire. “Ma sai, qui respiro bene, è per la mia gola… Io potrei spostarmi in qualsiasi altra cella, ma certo, ma… immaginiamoci! Però qui… Tu sai, se non prendo un po’ di aria… I miei polmoni non è che respirino normalmente, ti accorgi?” “Sì, mi accorgo…”. Invece, Giovanni la prese con sè, quasi per farle un favore. La prese con sè…  

E alla fine la vediamo ancora in mezzo agli Apostoli e agli altri, al centro; mentre noi ci mettiamo duemila anni per dare i diritti alle donne. Maria – lo ripeto – è sempre novità, è sempre creatività e se noi guardiamo la vocazione carmelitana-teresiana su questa linea mariana, siamo invitati a questa intimità con la Vergine Maria, che è una donna docibile, insegnabile – direbbe Elisabetta della Trinità – attraverso gli avvenimenti, attraverso la storia, attraverso le cose. Maria è fantasiosa come Dio perché rinnova tutto ed entra nella vita di ciascuno di noi. D’altra parte, deve aver molta creatività per entrare in casa mia, sapete?! Quindi, capite bene che questa intimità con Maria ci può rinnovare anche nell’interpretare le nostre leggi. 

d) Maria, donna povera, obbediente, casta 

Il n. 21 ci parla dei consigli: “…Assumendoli mediante i voti pubblici, le religiose seguono più da vicino la forma di vita che il Figlio di Dio scelse per sé e che la sua Madre abbracciò”. Possiamo dire – siamo al quarto punto delle nostre indicazioni – che, come Maria, viviamo i consigli evangelici. Come Maria sono povera, obbediente, casta. Bisogna guardare questa realtà dei consigli in una maniera evangelica perché Maria è evangelica e ha fatto i voti non pronunciandoli, ma nella concretezza quotidiana e in un luogo molto piccolo che era un Carmelo… perché Nazareth erano circa 15-20 famiglie, un villaggetto da nulla, di cento, duecento persone al massimo probabilmente tutti mezzi imparentati. 

Il n. 28 parla della castità che “deve essere vissuta con umiltà e senza presunzione, con la fiducia posta nella grazia di Dio, in un rapporto di amicizia con Cristo Gesù e con Maria, Vergine fedele e modello di consacrazione verginale”. Qui ritroviamo l’aspetto della comunione, del rapporto di comunione, che può essere intimità, legame o amicizia.  

Si parla di vera amicizia con la Madonna. E’ bello vedere una mamma amica di sua figlia. A volte si sente dire: “Sono due amiche, guarda come si vogliono bene”; poi si scopre che le due amiche sono mamma e figlia e non si distingue neanche l’età fra le due. E’ importante che il matrimonio e qualunque altro rapporto umano tenda verso l’amicizia perché in fin dei conti l’unica indicazione che ci ha dato Gesù, che noi chiamiamo comandamento ma che in realtà è una parola di vita, è di amarci scambievolmente, cioè “Siate amici come io sono amico vostro e come sono amico di mio Padre. Perché so tutto quello che mi dice mio Padre e io gli rivelo tutto e quello che gli rivela tutto è lo Spirito Santo”.  

Questo significa leggere le Costituzioni sotto l’aspetto dell’amicizia con Maria. Questo ci aiuta a vivere la castità. Inoltre il testo citato della castità è bello anche per l’aspetto della gioia perché la gioia è il segno dell’amicizia, della riconoscenza. 

e) Maria, donna libera 

Arriviamo al n. 31 che mi sembra un numero portante, fondamentale. Mi riferisco soprattutto al terzo paragrafo: “Essendo anch’esse “povere del Signore” che come Maria, tutto attendono da Dio nella speranza, le monache progrediranno nella libertà dalle cose esteriori, che non cerca le sicurezze umane e nello spogliamento di sè, che le prepara all’incontro contemplativo con Dio, nella spontaneità e semplicità delle relazioni fraterne e dello stile di vita”. Si attende tutto da Dio, come Maria. E attendendosi tutto da Dio, che è l’Assoluto e che è il Tutto, si cresce e si progredisce in una libertà. Non c’è nessun legame che ci schiacci, che ci impedisca di volare; non c’è nessuna remora che ci faccia attardare in cose che possono avere la loro importanza, ma che non sono le ultime, le vere, le fondamentali, le sussistenti. Come Maria ci spogliamo, ci liberiamo, ci distacchiamo.  

Più cresco nell’età e più parlo di distacco perché credo che la santità sia distacco. L’espressione nella quale Teresa di Gesù Bambino dice che santità e amore significano distacco da se stessi, è sacrosanta. Poi l’amore è solo povertà perché se ti voglio bene, tu sei tutto per me e io non esisto; tu sei più importante di me!. Non c’è niente da fare: vivo solo di te, vivo solo per te. Gesù vive solo per il Padre, il Padre vive solo per Gesù. Non c’è nessun ripiegamento su se stessi. 

Un autore non molto conosciuto – padre Maurice Zundel – grandissimo mistico, stimatissimo da Paolo VI , svizzero, messo un po’ da parte per tanti anni; nel 1973 è stato chiamato a predicare gli esercizi spirituali in S. Pietro. Ecco, quest’uomo, che era di una estrema povertà e semplicità, ha parlato proprio di Dio-povertà. Dopo, il padre Varion ha proseguito sulla linea dell’umiltà di Dio, della sofferenza di Dio; ma le intuizione vere sono del P. Zundel. E ha ragione: l’amore è solo povertà e mai ripiegamento su se stessi. Per questo Dio è Trinità e non può essere che Trinità, se è Amore. Non può essere una sola Persona Dio, è impossibile, perché l’amore è sempre un andare al di là, oltre se stessi.  

E’ per questo che il distacco, – quando parliamo di abnegazione – è abnegazione evangelica. Nella Trinità il Padre vive solo per il Figlio e il Figlio vive solo per il Padre e lo Spirito, che manifesta la povertà del Padre e del Figlio, potrebbe essere quasi una indicazione dell’estremo limite della povertà perché non è spirito di se stesso, ma del Padre e del Figlio ed è sempre dipendente dall’uno o dall’altro; è sempre relazionato ad un altro.  

Vedete come in Dio c’è questa estrema libertà, questo distacco da se stessi. In questo n. 31 si parla proprio di spogliamento che conduce ad un incontro contemplativo: “Ti sto guardando, e quando sono stupito mi dimentico”. E’ questa l’estasi: è un uscire da se stessi, un situarsi fuori, nell’altro. Questo avviene nella spontaneità e semplicità delle relazioni fraterne e nello stesso tempo nello stile di vita, nella sobrietà. “Spontaneamente ti amo perché dentro ho lo Spirito che mi porta a te e che non mi fa ripiegare su di me”. Distaccati da te stesso e allora vedrai che la contemplazione è proprio l’essere un bambino stupito davanti a Colui che è amore, sommamente amore, che è il Creatore del cielo, della terra e delle galassie.  

Hanno scoperto una nuova galassia qualche anno fa in Arizona: centomilamilioni di stelle. Noi ci accontentiamo di un solo sole e Dio sparge stelle per dirci: “Caro, apri il cervello perché la santità non è solo la tua stradina piccola piccola, per quanto sia dritta, dritta, sicura e veloce”. Ma questa stradina piccola, dritta, sicura e veloce ti fa capire che sono cento miliardi le strade piccole piccole, dritte dritte, veloci e veloci perché di Teresa di Gesù Bambino il Signore ne vuole miliardi e miliardi a questo mondo. Se il Signore del cielo e della terra si abbassa ad entrare in una piccola ostia e ti fa capire che l’intimità con sua Madre gli ha insegnato a parlare – lui che era la Parola – ti fa anche scoprire che il Carmelo è molto vasto, molto profondo ed è al di là di tante, tantissime forme che noi abbiamo fossilizzato ed inscatolato come sardine. Le leggi e le Costituzioni possono essere apertissime, se noi le guardiamo con lo sguardo mariano. 

f) Maria nel dinamismo dello Spirito 

Il n. 41 dice: “L’esercizio dell’obbedienza conforma sempre di più ai sentimenti di Cristo, diventa adesione teologale al volere di Dio, e trova in Maria un modello perfetto, perché, da ancella del Signore, “mai fu spinta ad agire da nessuna creatura, ma agì sotto la mozione dello Spirito Santo”. Qui abbiamo l’espressione modello perfetto e mozione dello Spirito Santo. Maria è modello perché si è sempre lasciata condurre dallo Spirito Santo, ma lo Spirito Santo è creatività pura: non sappiamo da dove viene e non sappiamo dove va e rinnova sempre la faccia della terra. Dove c’è il caos primordiale, lui porta la pace, dove c’è la morte, porta la vita. Il modello di cui parliamo, Maria, non è una natura morta, ma una persona ed una persona è per sé dinamica: è vita ed è imprevedibile come lo Spirito perché è soggetta ad una conversione, ad un cambio, può sorridere. Può avere un gesto che solo l’amore può captare, ma che ti rivela qualcosa di sconosciuto, che non ti appartiene e che ti spinge ad un percorso nuovo. Maria come modello, non è un modello statico: è una persona.  

Come farebbe Maria? Se ti piace questa forma espressiva e ti aiuta, sei libera; se ti dà fastidio lasciala stare. Non è obbligatorio dire: “Come farebbe Maria?” Ti dico: “Sii te stessa e Maria agirà nella tua vita”. Ma non occorre fare sempre riferimento: come farebbe lei, allora io farei… Maria farebbe come fai tu! Anzi, agisce in te, col tuo cuore. Questo è il modello vivo. 

g) Maria, la verginità dell’essere per l’altro 

Anche al n. 53 abbiamo una struttura portante. Nel primo paragrafo si dice che le Carmelitane Scalze “tendono alla perfezione evangelica in comunione con la Santa Madre di Dio”; sempre quel rapporto di intimità, di amicizia di cui abbiamo parlato. A mio parere però, il testo veramente importante che è chiave di interpretazione dei capitoli successivi delle Costituzioni, è il secondo paragrafo, perchè è l’indicazione di come noi dobbiamo vivere quattro aspetti della nostra vita: “La presenza di Maria tra le sue figlie e sorelle – e amiche, direi – pervade tutta la vocazione carmelitana e conferisce una particolare impronta mariana alla contemplazione, alla comunione fraterna, all’abnegazione evangelica e allo spirito apostolico”. Si fa riferimento ai capitoli successivi. Ad esempio, l’abnegazione evangelica non è stata sviluppata prima ma è una conclusione dei voti e sull’abnegazione evangelica non c’è un accenno precedente alla Madonna. Qui però viene subito detto, anche perché l’abnegazione evangelica è una visione del mondo – direi- e non solo un aspetto: è una realtà che pervade tutta la nostra esistenza, pervade i nostri voti, pervade la nostra vita contemplativa, pervade la vita fraterna e lo spirito apostolico.  

Anche per gli altri aspetti vale la stessa cosa, ma l’abnegazione evangelica ha la sua tonalità su cui ho insistito prima, proprio di distacco, di povertà e di amore. E’ il riversarsi verso l’altro, è l’abbassamento, la verginità dell’essere umano che è tutto per l’altro e mai ripiegamento su se stesso. La Madonna con la sua presenza pervade tutta la nostra vocazione e dà una fisionomia che ci penetra fino in fondo. E’ l’impronta mariana in questi quattro aspetti fondamentali dell’essere carmelitano: contemplazione, comunione fraterna, abnegazione evangelica e spirito missionario apostolico

h) Maria, con noi, pellegrina nella fede 

Il n. 54 riprende ancora: “La Vergine Maria riempie della sua presenza tutta la storia dell’Ordine” che, con il paragrafo secondo, è struttura portante. 

Per me le strutture portanti sono queste tre che vi ho accennato: il n. 31, il n. 53 par. 2 e il n. 54 par. 2; e vediamo subito perché. “Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce hanno confermato e rinnovato la pietà mariana del Carmelo. Essi infatti hanno proposto Maria come Madre e Patrona dell’Ordine, modello di preghiera e di abnegazione nella peregrinazione della fede, umile e sapiente nell’accogliere e contemplare la parola del Signore, totalmente docile alle mozioni dello Spirito Santo, donna forte e fedele nella sequela di Cristo, associata nel dolore e nella gioia al suo mistero pasquale”. Quel come iniziale dovrebbe essere seguito da due punti – Madre e Patrona – e da cinque caratteristiche: modello, accogliente, docile, donna forte e fedele. 

Dopo di chè possiamo vedere il n. 55: bello, ma forse non così strutturante, anche se per voi può darsi che vada bene: “La contemplazione della Vergine Maria, perfetta realizzazione dell’ideale del Carmelo, diventa luce per seguire le sue orme…”. Contemplando Maria la seguiamo perché siamo innamorati di lei e quindi siamo trascinati, come diceva Teresina utilizzando il Cantico dei cantici: “Attirami e correremo”. Ti guardo, mi illumino di te e ti seguo. “…Essa infatti primeggia tra gli umili e i poveri del Signore ed è l’esempio eminente della vita contemplativa della Chiesa. Ogni sorella accolga Maria come Madre e Maestra spirituale per essere conformata a Cristo e condotta alla vetta della santità”. Qui Maria non solo è Madre e Patrona, ma anche Maestra spirituale per essere conformi a Cristo, cioè per essere evangelici. L’impronta mariana è necessaria per essere veramente impronta di Gesù Cristo, conformi a Lui ed identificati a Lui. “Per mezzo della professione le sorelle sono legate in modo particolare alla Vergine Maria, e portando lo Scapolare manifestano la loro appartenenza al suo Ordine e l’impegno di rivestirsi delle sue virtù”. Insieme alla comunione-amicizia, come vedete, abbiamo in questo testo il nuovo tema dell’appartenenza che è sottolineato nei documenti recenti. 

Terminerei con il n. 56; gli altri; 57-58-59, – come ho già detto – sono di timbro piuttosto pratico. 

“Per rispondere al disegno di Dio che ha unito strettamente la Vergine Maria al mistero di Cristo e della Chiesa, le sorelle avranno cura di approfondire la sua vita e la sua missione, alla luce della Sacra Scrittura, dei Padri, della Liturgia e del Magistero della Chiesa. Onoreranno la Madre di Dio con il culto a lei dovuto nella luce del mistero pasquale di Cristo…” La Chiesa la “contempla come modello dell’atteggiamento spirituale con cui si devono celebrare e vivere i divini misteri”. Ci sono le indicazioni per approfondire di più questa impronta mariana attraverso i testi che sono fondamentali per un cristiano: la Bibbia, la Tradizione, i Padri e la spiritualità e per rinnovare noi stessi, la nostra teologia, la nostra cultura spirituale; in modo tale da vivere le Costituzioni in maniera sempre rinnovata. 

Infatti tanto più siamo mariani in una riflessione profonda, tanto più capiamo anche le indicazioni che ci vengono dalla Regola e dalle Costituzioni. 

5. CONCLUSIONE 

Io ho suggerito delle piste. Si potrebbe fare un discorso lungo e molto bello; ma se voi usate queste chiavi che ho cercato di darvi in maniera molto semplice, nella vostra comunità o adesso nei gruppi, potete vedere queste caratteristiche e poi riprenderle con le Costituzioni. Le norme e le indicazioni, le prescrizioni, devono essere tutte viste – secondo me – sotto questo aspetto di tipo teologico e vitale, esperienziale, concreto; se no diventiamo soltanto ripetitori di gesti. Occorre insistere sempre sulla presenza di Maria, sulla comunione, intimità ed amicizia con lei, modello vitale; vivere come lei e accoglierla nelle tante e tante caratteristiche che lei ha. 

Tratto da  

ATTI  

Prima settimana di formazione permanente 

Gazzada 5-9 maggio 1997  

Il Futuro del Carmelo

IL FUTURO DEL CARMELO: 

RIFONDAZIONE DEL CARISMA – padre Camillo Maccise, Preposito Generale 

PREMESSA 

Io penso che il futuro del Carmelo non sia altro che il futuro della vita consacrata. In fondo facciamo parte della stessa storia, siamo inseriti nell’unico cammino della vita consacrata e la vita consacrata è parte integrante della vita della Chiesa e non mancherà mai, come dice il documento Vita Consecrata. Ma lo stesso documento, al numero 63, parla del rischio di morte che incombe su alcuni istituti religiosi. Lungo la storia molti istituti religiosi sono spariti; hanno adempiuto la loro missione e sono entrati nel mistero pasquale di morte e resurrezione. Questo numero 63 è interessante perché cerca di consolare gli istituti in via di estinzione mettendo loro davanti il mistero pasquale. Per altri istituti invece, si presenta il problema di ciò che si chiama rifondazione o ristrutturazione, rilettura, fedeltà creativa, cioè una forma nuova di vivere lo stesso carisma. E’ difficile prevedere il futuro e non possiamo dire al 100% che il futuro sarà in un certo modo; ma se siamo capaci di fare un’analisi dei segni dei tempi e dei luoghi, potremo scoprire il seme che ci fa prevedere almeno parzialmente qualcosa di quello che avverrà in futuro.  

SCRUTARE LA STORIA  

PER RIFONDARE IL CARISMA 

Quale sarebbe da questa prospettiva la situazione del Carmelo femminile, maschile e laicale? Prima di tutto, secondo me, dobbiamo considerare la realtà – come siamo, dove stiamo – e poi illuminarla con le sfide che si presentano e che esigono una risposta, così da poter almeno scorgere quale sarà il futuro del Carmelo.  

Il Concilio Vaticano II nel documento Gaudium et spes – il documento sulla Chiesa e il mondo contemporaneo – al numero 4 dice: “per svolgere questo compito (cioè il compito di testimoniare e annunciare Cristo) è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo; così che in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatica”. Quindi il primo passo è quello di conoscere la realtà del mondo, della Chiesa e poi del Carmelo. Dobbiamo smettere di pensare che siamo persone dispensate dal conoscere la realtà del mondo: la storia della salvezza si svolge in questo pianeta, cioè in queste circostanze storiche. Ogni epoca della storia è un’epoca di Dio, dello Spirito. E’ peccare contro lo Spirito santo pensare che si sia manifestato solo nel passato. Tutte le epoche sono epoche dello Spirito perché è lui che guida la storia. Poi ci sono i carismi della vita consacrata, che si trovano sotto l’influsso delle circostanze storiche e quindi non possono evitare il logorio della storia. Per questo si parla di rifondazione. Una casa ha bisogno di manutenzione. Anche voi sapete che dopo aver finito un bel monastero, già nei due o tre anni successivi iniziano i problemi perché le strutture si logorano. Lo stesso accade per le strutture della vita religiosa e, nel nostro caso, del Carmelo: sono soggette ad un logorio. Nuove situazioni presentano nuove sfide che esigono cambiamenti, lasciando intatti il carisma e l’identità. Ecco perché dobbiamo cercare forme nuove per conservare le strutture portanti dell’edificio che chiamiamo “carisma” dell’istituto. Bisognerà cambiare tante cose, metterle a norma di legge del Mercato Comune Europeo. Ristrutturare un edificio comporta tanti problemi: i costi, i rumori, la polvere… e tutti diciamo: “Quando finirà?” Lo stesso accade nel processo di rinnovamento della vita religiosa. Qui, però, la legge che guida è lo Spirito santo. 

LUCI E OMBRE DEL MONDO CONTEMPORANEO 

Quando abbiamo aperto la sessione di questa assemblea vi avevo accennato alle grandi caratteristiche del mondo di oggi e le avevo raggruppate in quattro punti: 

1. secolarizzazione   

2. liberazione  

3. globalizzazione  

4. nuova etica. 

Riprendo queste sfide per vedere come assumerle nella vita consacrata e – in un secondo momento – nell’esperienza del Carmelo. 

In tutti questi fenomeni ci sono aspetti positivi e negativi: occorre valutarli per vedere cosa va accolto e cosa rifiutato o addirittura contestato. 

  1. La secolarizzazione  

comporta una trasformazione della relazione dell’essere umano con la natura, con gli altri e con Dio. E’ il fenomeno della desacralizzazione per affermare la legittima autonomia della persona, della cultura e della tecnica. In passato non esistevano i medici specialisti e quando c’era una malattia ci si rivolgeva ai santi specialisti per quella malattia: per le malattie della gola San Biagio, per quelle degli occhi Santa Lucia, per problemi di carattere psicologico-affettivo Sant’Antonio, per il mal di denti Sant’Apollonia e così via… C’era una sacralizzazione della società. Ciò non significa che non dobbiamo avere fede e non pregare più i santi. Questo resta sempre valido e possiamo pregare il Signore tramite la mediazione dei santi, ma il fatto di “specializzarli” è indice di una società sacralizzata. Perché per gli occhi devo rivolgermi a santa Lucia e non ad un altro santo?  

Quando la secolarizzazione provoca squilibri tra l’autonomia dell’essere umano e la perdita del senso della trascendenza diventa secolarismo, cioè abbiamo autonomia, ma possiamo perdere il senso della Trascendenza; allora è valido solo ciò che vediamo e tocchiamo. Venendo meno i valori religiosi si creano nuovi miti o idoli. Diceva Chesterton che quando una persona non crede in Dio non è che non creda in altre cose: crede in tutto. Per questo motivo oggi i maghi guadagnano tanti soldi. Nella sola Parigi ci sono tremila persone che offrono servizi per leggere il futuro: è la chiromanzia. Inoltre c’è il fenomeno dell’atomizzazione della famiglia, una disintegrazione dei suoi valori del passato e, più in generale, uno squilibrio tra la cultura tradizionale e la post-modernità. 

  1. La liberazione  

è un altro fenomeno molto importante, anche se questa parola è stata spesso satanizzata. Eppure emergerà sempre perché il vangelo è per la libertà e la liberazione. C’è una liberazione che desiderano le persone, i gruppi, i popoli, le razze, le culture che non vogliono essere degli oggetti nelle mani di coloro che detengono il potere, ma desiderano essere protagonisti della propria storia e perciò vorrebbero una certa uguaglianza, responsabilità, partecipazione, comunione. Anche in questo campo ci sono degli squilibri tra liberazione e nuove forme di oppressione, emarginazione e sfruttamento dei più deboli, tra concentrazione del potere economico, politico, militare e tecnico in mano a pochi e grandi masse che vedono minacciata la loro dignità personale e collettiva senza possibilità decisionali. 

  1. La globalizzazione  

è il terzo fenomeno. Oggi il mondo vive un processo di unificazione a causa dell’interdipendenza crescente in tutti gli ambiti. La terra è diventata un villaggio globale con vincoli economici, commerciali, politici, militari. Inoltre i mass-media o mezzi di comunicazione hanno avvicinato le persone in un mondo pieno di comunicazioni, informazioni e incontri: un processo pieno di contraddizioni. 

Il potere economico si concentra in poche mani e così la comunicazione e l’informazione. Esiste un controllo di tutto. E’ interessante vedere come il futuro del mondo si gioca nella comunicazione. Qualche tempo fa Clinton diceva che gli americani erano stati i primi a vedere che il futuro del mondo si giocava nell’industrializzazione, ma oggi si gioca nella comunicazione. Persino le guerre si possono fare attraverso la comunicazione. La guerra del Golfo è stata tutta un montaggio della comunicazione per risolvere i problemi economici degli Stati Uniti e tutti siamo caduti nella trappola! Prima hanno creato il “mostro” Saddam Hussein, che aveva il terzo esercito del mondo, dopo Stati Uniti e Russia, mentre il popolo era costituito da poveracci che non avevano neppure le scarpe. Una volta creato questo pericolo, hanno dato il via a Saddam Hussein facendogli capire che se fosse intervenuto nel Kuwait non avrebbero fatto niente. Entrato lì, c’è stata subito la reazione statunitense che diceva di voler porre fine a questa minaccia per l’umanità. I paesi europei non volevano mandare l’esercito, ma hanno dato aiuti economici; anche il Giappone, per esempio, ha dato un miliardo di dollari; invece gli Stati Uniti hanno mandato l’esercito per collaudare i loro armamenti. Le spese di questi armamenti sono state sostenute dall’Europa e dal Giappone. Poi Saddam ha distrutto e bruciato molte cose in Kuwait e loro sono arrivati con l’esercito per ristrutturare lo stato con le Compagnie americane. Così ci hanno guadagnato nella guerra e nel dopoguerra e tutto è stato fatto attraverso i mezzi di comunicazione. Negli Stati Uniti abbiamo un terziario carmelitano che lavora al Pentagono e anni fa, quando sono andato come definitore mi ha detto: “Padre, adesso le guerre si creano così. Per il 2017 si prevede un’altra guerra mondiale. Ma tutto sarà fatto attraverso i pulsanti di queste realtà sofisticate, le informazioni, i missili e tutte queste cose. E sarà tutto facile”. Vedete quali squilibri ci sono: progresso industriale e povertà; ecologia con esaurimento di alcune materie prime; paesi ricchi che continuano ad arricchirsi a scapito di quelli più poveri, nei quali le persone che hanno tutto nelle loro mani sono un gruppo sempre più piccolo. 

  1. Infine, la nuova etica.  

C’è una crisi dell’etica del passato e la ricerca di una nuova etica. Benché ci sia un’esplosione del sacro, questa ricerca non è diretta dalle istituzioni religiose. Quando si cerca di organizzare la convivenza sociale si relega Dio e la religione ad un ambito privato.  

Nel mondo in cui viviamo, però, ci sono anche degli aspetti positivi: la coscienza del valore della persona e dei suoi diritti fondamentali, la ricerca di una nuova armonia tra l’essere umano e la natura – il grosso problema dell’ecologia -, la sensibilità di fronte al problema della vita, della giustizia e della pace, la consapevolezza del valore delle diverse culture all’interno della comunità nazionale e internazionale con una certa relativizzazione dei nazionalismi, la ricerca di un nuovo ordine economico internazionale, una nuova situazione della donna della società. In particolare, riguardo all’ecologia, cresce il senso della responsabilità dell’essere umano di fronte al futuro che esige una pianificazione. Infine c’è una maggiore sensibilità per esperienze religiose e mistiche come ricerca di un processo liberatore e di crescita personale.  

UN FUTURO PER LA VITA CONSACRATA 

Alla luce di queste prospettive quale sarebbe il futuro della vita consacrata? 

Bisogna innanzitutto dire che attualmente la vita consacrata ha queste grandi sfide: 

una nuova spiritualità; 

la vita fraterna, cioè un modo più chiaro di manifestare la dimensione comunitaria della storia della salvezza, così che le comunità possano diventare centri di dialogo multiculturale; 

il profetismo, cioè saper interpellare le società con la testimonianza della vita; 

l’opzione preferenziale per i poveri, luogo normale della vita consacrata; 

l’inculturazione, che porta con sé l’unità nella diversità; 

la collaborazione con i laici

IL CARMELO “AL FUTURO” 

ATTUALITÀ E PROSPETTIVE DEL CARISMA 

All’interno del quadro che vi ho tracciato, quale sarebbe il futuro del Carmelo? 

Tenendo conto degli avvenimenti che negli ultimi vent’anni hanno segnato la vita carmelitana, possiamo prevedere che il Carmelo continuerà ad esistere e anche con una missione più forte proprio per l’attualità del nostro carisma all’interno della Chiesa. Il centenario di Santa Teresa nell’82, di san Giovanni della Croce nel ‘91, il dottorato di Santa Teresa di Lisieux nel ‘97, la canonizzazione di Edith Stein nel ‘98 e poi, in tono minore, altre beatificazioni e canonizzazioni come quella di Santa Teresa di Los Andes – la prima monaca di clausura carmelitana cilena canonizzata – hanno messo in rilievo la ricchezza della spiritualità e l’attualità della missione del Carmelo. Per questo credo sia possibile pensare ad un futuro per il nostro Ordine. 

costituire piccole comunità  semplici, fraterne, vicine alla realta’ 

Al numero 93 dell’Instrumentum laboris per il Sinodo sulla Vita Consacrata si diceva come le strutture della vita consacrata siano state elaborate nelle società del medioevo o nel mondo della rivoluzione industriale degli ultimi secoli e quindi come non sempre siano adatte ad esprimere i bisogni e i desideri delle donne e degli uomini del nostro tempo 

Io penso che il Carmelo del futuro dovrà essere composto di piccole comunità oranti, fraterne e impegnate nell’evangelizzazione, anche quelle contemplative: la dimensione evangelizzatrice ed apostolica della loro vocazione passerà sempre attraverso la preghiera, che non è un apostolato diretto, ma che sarà un segno più forte. Queste piccole comunità vicine alla realtà saranno chiamate ad essere testimoni della presenza di Dio nel cuore della Chiesa, della storia e del mondo. E’ ovvio che se le comunità saranno vicine alla realtà, si esigerà un cambio di strutture. Fin da oggi si richiedono otri nuovi per un vino nuovo, nuove piante prese dallo stesso seme, che è l’essenziale del carisma del Carmelo, per poterlo vivere e trasmettere in un linguaggio esistenziale, più intelligibile per il mondo di oggi.  

Le comunità carmelitane, sia maschili che femminili, dovranno essere aperte a condividere il carisma e la spiritualità con i laici. I laici ci aiuteranno ad essere sempre vicini alla realtà, a conoscere da vicino i veri problemi dell’umanità. Questo sarà l’invito ad una vita ancora più semplice per trasformare le nostre strutture – ciascuno secondo la propria missione all’interno del Carmelo – in luoghi di incontro per coloro che ricercano la preghiera contemplativa. 

vivere trasmettendo l’esperienza di Dio 

Tra i fenomeni del secolarismo sottolineavo la sete di spiritualità che c’è nel mondo di oggi e che tante volte degenera in spiritualismo o una spiritualità “light”, cioè dove – ad esempio – ciascuno prende alcune cose dal buddismo, altre dalla vita cristiana e si fa il proprio menù.  

Tutte le comunità carmelitane – contemplative e apostoliche -dovranno incentrarsi sull’assoluto di Dio per essere scuole di preghiera capaci di aiutare le persone a diventare non solo persone che pregano, ma dei veri contemplativi. Il documento Apostolicam Actuositatem, sull’apostolato dei laici (cfr. n°4), descrive molto bene il contemplativo: “Solo alla luce della fede e della meditazione della Parola di Dio è possibile sempre e dovunque riconoscere Dio nel quale noi viviamo, ci muoviamo e siamo, cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in se stesse e in ordine al fine dell’uomo”. Quindi non basta pregare per essere contemplativi: occorre il contatto con la realtà, cioè la capacità di scoprire Dio negli avvenimenti, nelle persone, nelle cose positive e negative della storia, perché lì Dio ci mette in questione e ci interpella. Solo questa contemplazione impegnata sarà in grado di rivelare il volto di Dio, del Nostro Signore Gesù Cristo alle persone che lo cercano a tastoni.  

I membri del Carmelo Teresiano del futuro dovranno impegnarsi di più per diffondere l’amore e la conoscenza di questo Dio che abbiamo incontrato nella preghiera e che ci conduce ad un impegno per il mondo, per la giustizia e per la pace. Fin d’ora dobbiamo aiutare le persone a scoprire Dio come sorgente di pienezza e di speranza, come Padre e Madre, come qualcuno che ci è sempre vicino. 

leggere e insegnare a leggere  

la parola di Dio nella scrittura e nella vita  

Negli sforzi di ricerca del senso della vita e della verità la Parola di Dio è la luce che illumina, orienta i credenti in Cristo, Parola del Padre. Il Carmelo, sin dalle sue origini – come dice la nostra Regola – ha avuto come ideale la meditazione – “giorno e notte”– della Parola del Signore. Perciò dobbiamo vivere all’ascolto della Parola e abbiamo il compito di educare a questo anche i nostri membri e le altre persone che si avvicinano a noi. Ma si tratta di una lettura vitale, che procede dalla convinzione che la Scrittura sorge dalla vita e dall’esperienza di un popolo guidato da Dio che, a partire dalla fede, scopre la sua presenza nella storia e cerca di rispondere alle sue interpellanze nella storia. Questa è l’origine della Bibbia: un popolo che cerca, che ascolta Dio nella storia e tenta di rispondergli nella storia. La Bibbia è l’esperienza-modello con la quale noi dobbiamo confrontare tutte le nostre esperienze. 

La missione delle comunità carmelitane sarà quella di essere centri che accompagnano spiritualmente la lettura della Scrittura per trasformarla in un avvicinamento orante e contemplativo impegnato. La Dei Verbum (cfr. n°25) diceva citando Sant’Ambrogio: “Quando preghiamo parliamo con Dio, Lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini”. Questo metodo aiuterà le persone a superare una lettura spiritualista e fondamentalista della Bibbia e a scoprire le chiamate di Dio nella realtà di ogni giorno. Credo che qui ci sia una grande sfida per tutti i contemplativi, religiosi, laici, apostolici nel Carmelo. 

saper guidare nei cammini della spiritualità  

Se noi viviamo in profondità l’esperienza di Dio, se ascoltiamo la sua Parola saremo capaci di iniziare gli altri a questo. Perciò dobbiamo creare degli spazi e dei mezzi per questa esperienza secondo la nostra vocazione all’interno dell’Ordine. Per il Carmelo apostolico potrebbe essere la creazione di centri e/o istituti di spiritualità, case di preghiera ecc. Per il Carmelo contemplativo l’adattamento di strutture che, rispettando i ritmi della vita monastica, rendano possibile il condividere in qualche modo questa esperienza. In questo senso i documenti sulla vita consacrata, lo stesso Vita Consecrata, parlano di comunità contemplative come centri di dialogo ecumenico, di irradiazione spirituale ecc. 

costruire una comunione dinamica  

tra tutti gli istituti della famiglia  

del carmelo teresiano.  

Abbiamo 73 istituti affiliati all’Ordine, con una grande ricchezza di sfumature nel modo di vivere la spiritualità nel Carmelo: sono le sfumature di ciascun carisma, ma con una base comune. Credo che si debba cercare una collaborazione anche nei diversi campi della pastorale, della formazione, della nuova evangelizzazione e instaurare un nuovo rapporto con il Carmelo Secolare.  

Durante la prima settimana di settembre di quest’anno si terrà in Messico il secondo Congresso Internazionale del Carmelo Secolare. Uno degli scopi è quello di rivedere la regola di vita che è ancora troppo clericale: ancora oggi i membri del Carmelo Secolare sono considerati come religiosi nel mondo; mentre dopo il Concilio Vaticano II e il Sinodo sui laici nella Chiesa e il documento Christifideles laici dovremmo avere un’altra visione. E’ importante che i laici restino laici e come tali arricchiscano il Carmelo, cioè offrano il recipiente del loro stato di vita laicale per ricevere il liquido del  carisma e della spiritualità del Carmelo dentro una forma laicale e facendo in modo che tutte le ricchezze racchiuse nel carisma possano svilupparsi.  

affrontare, a partire dalla propria identità,  

le quattro grandi sfide 

1. Secolarizzazione. 

La secolarizzazione trova nell’esperienza del Carmelo delle linee che possono orientarlo. I nostri grandi mistici hanno cantato il valore delle realtà temporali, delle realtà terrestri: pensate alle poesie di San Giovanni della Croce che parla della manifestazione di Dio nella creazione e delle creature che, pur dicendoci qualcosa, non ci rivelano mai del tutto il volto di Dio. I nostri santi hanno visto nelle realtà di questo mondo dei mezzi per andare oltre e per aprirsi al Trascendente, a Dio presente. Voglio dire che la dimensione contemplativa e orante del Carmelo dovrà essere vissuta e presentata agli altri come apertura al Trascendente, come sorgente di speranza nei cammini della trasformazione del mondo, come cammino per il dialogo ecumenico interreligioso nei diversi contesti socio-culturali.. 

2. Liberazione. 

Questo fenomeno è frutto della coscienza della dignità umana ed esige un impegno efficace di tutti i credenti nella difesa e nella promozione dei diritti umani. Il Carmelo del futuro non potrà restare indifferente a queste sfide, sapendo come Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, nostri maestri di vita spirituale, hanno parlato della dignità della persona creata ad immagine di Dio e chiamata alla trasformazione in Lui. Il nostro Santo Padre nella preghiera dell’anima innamorata canta la bellezza dell’essere umano e poi si esprime in quella sua frase geniale. “Un solo pensiero dell’uomo vale più di tutto il mondo. Perciò solo Dio ne è degno” (Par 1,32). 

3. Globalizzazione. 

Ci mette in comunicazione con il mondo e trasforma il mondo; ma nello stesso tempo è all’origine dell’emarginazione delle persone e della povertà. La preghiera carmelitana, se viene intesa come dialogo di amicizia con Dio e cammino di comunione con lui, renderà possibile al Carmelo del futuro l’essere strumento di dialogo, di comunione e di comunicazione.  

4. Nuova etica. 

L’esperienza contemplativa di Dio metterà in rilievo il bisogno di contare su di Lui nell’elaborazione dei valori etici, perché solo Dio è alla base degli autentici valori e senza di lui non si può creare niente di autentico. 

Queste sono delle riflessioni che ho fatto per preparare un piccolo articolo per la rivista “Interiorità cristiana” dei nostri padri della Provincia della Germania e della Semi-Provincia dell’Austria. 

La conclusione potrebbe essere riassunta così: abbiamo bisogno di otri nuovi per mettere vino nuovo. Il Carmelo dovrà prepararsi al futuro tramite cambiamenti profondi delle strutture, che saranno pluriformi e adattate alle diverse culture e situazioni, pur mantenendo l’essenziale. 

L’UNITA’ NELLA DIVERSITA’:  

UNA GRANDE SFIDA ANCHE PER IL CARMELO 

Torniamo ora alla grande sfida della Chiesa del nostro tempo: l’unità nella diversità.  

Per gli ebrei convertiti al cristianesimo esisteva un solo modo di essere cristiani: la fede in Gesù Cristo e tutte le pratiche dell’ebraismo. San Paolo si è opposto dicendo che l’essenziale era solo Gesù Cristo. Grazie a lui il cristianesimo non è rimasto una setta ebraica, ma si è aperta all’universalità. Anche noi oggi dobbiamo essere aperti a diverse modalità, a diversi tipi di comunità carmelitane, anche contemplative. Ci saranno ambienti in cui dovrà prevalere la struttura monastica con comunità numerose – anche trenta persone, tenendo conto delle anziane – perché lì la testimonianza si avvale di questo tipo di strutture monastiche. In altri contesti, invece, la soluzione dovrà consistere in comunità più piccole – magari composte da cinque persone -, con meno strutture esterne e più inserite nella realtà della Chiesa locale, tenendo presente che quando i gruppi sono piccoli c’è bisogno di strutture come le associazioni e le federazioni, che li accolgano, li proteggano e li aiutino. Ovunque e sempre sarà necessario conservare i valori essenziali; ad esempio, una comunità contemplativa non potrà diventare apostolica. 

IDENTITÀ E CREATIVITÀ 

Voi siete chiamate monache. Ma c’è una grande differenza tra un monastero di monache, per esempio benedettine e un monastero di carmelitane. Per vivere una liturgia come quella benedettina si richiede una comunità di quaranta persone almeno. Eppure al Capitolo Generale abbiamo avuto l’occasione di andare a Mont Saint Michele dove c’erano due uomini benedettini e una donna di un ramo benedettino di diritto diocesano; ma coi microfoni e gli altoparlanti sembrava che cantasse un coro. Voglio dire che nel futuro ci dovrà essere una diversità delle comunità carmelitane secondo le situazioni. Il punto centrale è che rimangano “piccoli collegi” di Cristo e che vivano fraternamente una vita puramente contemplativa a servizio della Chiesa. 

Spesso, quando penso a Taizè, mi chiedo perché i nostri monasteri contemplativi non diventano un polo di attrazione – anche senza avere delle strutture così grandi – per le giovani e i giovani. E rispondo dicendomi che nella maggior parte dei casi il problema è costituito dalle strutture. Ma i Carmeli dovrebbero proprio essere centri di irradiazione spirituale! I monaci di Taizè non escono mai a parlare con le persone: hanno il loro monastero e osservano molto la clausura; ma partecipano, organizzano bene le cose con un linguaggio adatto ai giovani e così diventano centri di irradiazione spirituale. Questo, però, richiede preparazione, anche per la formazione dei/delle futuri/e carmelitani/e scalzi/e. Il Carmelo nel futuro potrà vivere e testimoniare i valori del carisma solo se sarà capace di tornare all’essenziale e liberarsi di tutte le aderenze sociali, culturali ed ecclesiali che sono frutto di un’epoca, di una mentalità e di un altro contesto. Non abbiate paura! L’abnegazione evangelica, la contemplazione, la fraternità teresiana saranno un’esigenza nel futuro come lo sono state nel passato; però un rinnovato impegno coi valori dinamici della fedeltà creativa, l’accettazione del rischio con decisione e fiducia, la conversione, la giustizia, l’amore, la responsabilità personale, tutto questo può e deve aiutarci a vivere una nuova dimensione, a dire una parola esistenziale. Oggi tanti valori sono resi inintelligibili a causa di strutture che non rispondono alla mentalità e ai valori attuali. Soltanto voi, che vivete la vostra vita, potrete preparare questo futuro.  

UN ESEMPIO DI PRESENZA DIVERSIFICATA 

Recentemente un monastero della Germania mi ha chiesto un parere sulla possibilità di una fondazione nella città di Amburgo priva di una presenza contemplativa. Siccome sapevo che le monache di quel monastero erano poche, ho chiesto il parere all’associazione, anche se non ha alcun potere giuridico. Di solito se l’associazione dà il permesso, anch’io lo concedo; se l’associazione si oppone, soprattutto in questo momento di carenza di vocazioni, lo faccio anch’io. Però la priora mi ha spiegato che volevano fare una comunità, una fondazione giuridica nel senso forte della parola. Il vescovo aveva chiesto loro una presenza contemplativa e avevano pensato di mandare tre suore per vedere che cosa si poteva fare. Non era previsto un grande monastero, piuttosto una piccola struttura, un ambiente adeguato per la loro vita con l’intenzione di creare un centro di preghiera, di irradiazione e di contemplazione nel cuore della città. Davanti ad una proposta che non richiedeva personale, l’associazione si è mostrata favorevole e anch’io ho concesso il permesso. Questa è una possibilità di presenza diversificata del Carmelo nel futuro.  

CONCLUSIONE 

Io con questa riflessione vorrei invitarvi a vedere le cose, a pensare, a domandarvi, a chiedere e credo che lo Spirito, che ci mette davanti queste sfide, ci aiuterà a trovare la via d’uscita da questi vicoli a volte così ciechi per noi. Certo, quando si parla di queste cose si corre il rischio di essere fraintesi perché altri possono prendere delle frasi fuori contesto e scriverle in una bella lettera alla CISVA; ma io sono disposto a correre tutti i rischi. Per nove anni è stato così e penso che il Signore non si stancherà di aiutarmi fino alla fine dei dodici anni perché sento mio dovere informarvi, visto che ho avuto delle occasioni viaggiando in più di cento nazioni e conoscendo la realtà del mondo a contatto della vita consacrata per tantissimi anni alla ricerca di nuovi cammini con i Superiori Generali, e poi lasciarvi libere. Ai frati ho una parola più forte da dire per obbligarli a riflettere e ad arrivare a delle conclusioni operative al Capitolo Generale. A voi posso solo presentare queste prospettive, aprire questi orizzonti per aiutarvi, senz’altro con la grazia dello Spirito santo, a vivere questo momento e a preparare un futuro. Certamente bisogna porre le fondamenta nello Spirito santo se vogliamo muoverci nell’oscurità senza stancarci e procurarci una formazione alla preghiera, alla vera contemplazione perché la vita dello Spirito possa inondare tutta la nostra esistenza e aiutarci a superare le esperienze di morte che dobbiamo attraversare per raggiungere, dopo momenti difficili, momenti di splendore.  

Una religiosa americana di vita apostolica che è stata la presidente delle religiose degli Stati Uniti – che sono circa 50 o 60mila -, una donna che supera i 65 anni e che non è un’esaltata ma una grande femminista, ha scritto un libro che è uscito l’anno scorso in italiano. Il titolo è: “Fuoco sotto la cenere” Alcune cose possono sembrare esagerate, ma è un libro fatto per scuotere e per aiutare a riflettere. Certamente si rivolge soprattutto alle religiose di vita attiva degli Stati Uniti, ma ha delle intuizioni che possono aiutare anche noi. Non tutto è Parola di Dio, non tutto si può accettare ad occhi chiusi; ma questa donna dice delle grandi verità che ci aprono a nuove dimensioni, a nuove possibilità.  

Insomma, il futuro è nelle mani di Dio; ma tocca a noi prepararlo. Lui renderà possibile ciò che per noi è impossibile. Ricordiamo quelle parole dell’angelo a Maria: “Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio”.  

Tratto da: 

IL FUTURO DEL CARMELO: 

xRIFONDAZIONE DEL CARISMAo 

padre Camillo Maccise, Preposito Generale 

Atti assemblea elettiva 2000 

Le Carmelitane Scalze

tratto da: 

ALLE RADICI DEL CARMELO” 

Corso del 2004 a Cassano V. 

Relatori: Padre Secondin – padre Generale Arostegui – padre prov. Bettati Giuliano 

LA SEQUELA DELLA CARMELITANA 

Padre generale Arostegui 

LA CARMELITANA: FEDELE AL VANGELO… 

  1. Già oggi e sempre più nel futuro Cristo e il suo Vangelo saranno il suo criterio di vocazione e di fedeltà. Teoricamente Regola e Costituzioni volevano già essere fin dall’inizio espressioni concrete del Vangelo, che non si lascia mai dare per scontato ma reclama sempre nuove concretizzazioni. Storicamente, però, molte forze – personali e comunitarie – sono state dedicate più alla definizione di modalità concrete di espressione che non direttamente al Vangelo, inteso come criterio sempre attuale e determinante. Vale a dire che la prima preoccupazione della vita religiosa, lungo la storia, non è stata l’attualizzazione del Vangelo. Cosa dice il Vangelo oggi? Quando parliamo del Vangelo ci riferiamo all’umanità del nostro Dio in Gesù Cristo: quindi, cosa dice Gesù Cristo oggi? Davanti alle diverse situazioni storiche, la prima e l’ultima domanda dev’essere il Vangelo. Mentre molte questioni sollevate nella storia e che anche oggi occupano non poco la coscienza religiosa non sono le preoccupazioni del Vangelo. Voglio dire: dove si mette l’accento? Qual è la preoccupazione fondamentale? Il Vangelo stesso è impegnativo e radicale. Quanto tempo e quanta energia spendiamo a meditare sugli “interessi del Regno”? Nel futuro conterà solo l’autenticità evangelica: il Vangelo non solo come base presupposta, ma come norma dinamica permanente. Tutte le tradizioni hanno valore se illuminano il Vangelo e ci conducono alla sua attualizzazione.  

… alla preghiera… 

  1.  La preghiera di Gesù, cioè il suo rapporto permanente con il Padre, fatta di totale fiducia filiale e di dedizione al progetto del Regno, diventa ascoltare la sua Parola, una questione del cuore in senso biblico. Nel Nuovo Testamento e nell’esperienza successiva della Chiesa e nel Carmelo teresiano stesso, Gesù è diventato il luogo particolarissimo del Tu divino: il Dio eternamente umano del volto di Gesù che ha vissuto la sua avventura terrena davanti al Padre. Questa dovrebbe essere l’orazione contemplativa secondo la santa Madre: una relazione interpersonale, un’intima amicizia con Colui dal quale sappiamo di essere amati. È anche l’elemento mistico della fede cristiana che l’esperienza del Carmelo ha messo e mette sempre in luce. Data la storicità della nostra natura umana, questa preghiera esige un tempo e uno spazio, alcune condizioni che già si possono ritrovare in Gesù stesso: si tratta di una realtà molto delicata perché la più atta ad essere confusa con i mezzi, con gli atteggiamenti esterni e con false aspettative, quindi anche la più esposta alla mancanza di autenticità, come in generale la religione. Paradossalmente, quella che chiamiamo preghiera potrebbe essere la cosa più inautentica. Non è un’ambiguità a cui possiamo sottrarci, ma dobbiamo essere attenti e avere sempre l’umiltà di chiederci se i nostri tempi, luoghi, atteggiamenti sono veramente preghiera.  

… alla comunione fraterna… 

  1. Strettamente vincolata alla preghiera dobbiamo considerare la vita fraterna in comunità senza la quale Teresa non concepisce la vita di preghiera al Carmelo: la sua proposta di vita comunitaria concreta, intrecciata di silenzio, di atti comunitari, di ricreazione, in uno spazio ridotto e familiare, è ben lontana da una vita individuale ed eremitica. L’ideale eremitico (“ricordatevi di quei santi padri che…”) è solo un’evocazione per invitare ed esortare alla ricerca del volto del Signore e alla dedizione, alla capacità di “sacrificio spirituale”. La sua stessa vita di fondatrice è ricca di rapporti continui: nelle sue lettere c’è la preoccupazione di farsi presente nelle comunità e di considerarle un’unica famiglia, la sua. Santa Teresa non giustifica questo, perché è esperienza evangelica: s’impone quindi da sé come il nucleo che definisce il carisma teresiano. Ai tempi di Teresa era una novità assoluta nella storia della Chiesa, oggi è un elemento chiave che rivela l’essenza della stessa Chiesa e della sua missione nel mondo. In questo senso la fraternità è decisiva per dare un futuro soprattutto alla vita religiosa carmelitana. Se infatti la vita religiosa si esaurisse solo nella preghiera, non troverebbe una sua giustificazione: la preghiera è una realtà accessibile a tutti nella misura in cui si ha fede; ma se si è chiamati alla vita religiosa e si entra in una comunità, è per cercare insieme ad altri, i propri fratelli e sorelle, il volto del Padre, il volto di Cristo: è per costruire il Regno della fraternità che è l’anima del Vangelo. Se questo non si verifica, potrà resistere sulla distanza questa forma di vita, all’arrivo delle nuove generazioni che chiedono fatti e non solo ideali? La vita religiosa non può essere solo teologia, ma dev’essere verificabile: non possiamo rinunciare alla vita di comunione fraterna. 

… all’apertura alla Chiesa e all’umanità 

  1. Un altro elemento essenziale della carmelitana è l’apertura alla Chiesa e all’umanità (cfr. Cammino di perfezione): oggi la coscienza ecclesiale è coscienza di umanità. Quindi, le gioie, le speranze, le tristezze, le angosce degli uomini del nostro tempo, soprattutto dei più poveri e di quanti soffrono, devono essere le gioie, le speranze, le tristezze, le angosce dei discepoli di Cristo. Questo interpella direttamente le carmelitane che hanno scelto di vivere la sequela di Cristo. La vita contemplativa è quella che più profondamente permette questa identificazione, assumendo interiormente questi sentimenti: la vita consacrata attiva mette in luce la compassione di Cristo nelle opere di liberazione dell’uomo e della donna, continuando la sua opera di liberazione; la vita contemplativa è esclusa da questo “modo di essere evangelico”, ma diventa il luogo della compassione e della speranza in un modo proprio. Abbiamo degli esempi in santa Teresa di Lisieux e in Edith Stein che si sono identificate con le vittime del mondo e della storia del loro tempo. La vita contemplativa è tale quando approfondisce questa sensibilità ecclesiale e umana e quando diffonde compassione e speranza anche senza esprimerlo professionalmente. È chiaro che non può fare apostolato attivo, ma può sempre accogliere chi ha bisogno e indirizzarlo ad altri punti di riferimento: possono coltivare un certo stile di vita e nello stesso tempo essere integrate in una rete efficace di aiuto che non danneggia la propria vita. Dinanzi alle grandi questioni del mondo e dell’umanità di oggi le carmelitane non possono essere neutrali o assenti. Forse non saranno direttamente in prima linea, ma la loro vita, la loro scelta è chiaramente a favore di un nuovo ordinamento del mondo: la loro vita, le loro idee, le loro convinzioni devono essere una condanna inequivocabile di ogni ingiustizia e di ogni schiavitù.  

Da tutto questo emerge il nostro carisma, lo stile di vita teresiano fatto di uguaglianza, libertà, fraternità, gioia, semplicità di vita, senza dimenticare un certo senso dell’umorismo. Non si tratta di un elemento che si aggiunge ad altri, ma è un modo di sentire e di agire che investe la concezione pratica della vita tutta. Questo stile diventa una percezione teologica della realtà di Dio e della persona umana contro ogni maschera di spiritualismo, pseudopenitenza e irrigidimento. Questa semplicità teologica diventa autenticità di vita.  

VISIBILITÀ DELLA VITA CONTEMPLATIVA 

L’immagine immediata del Carmelo non ha niente di esibizionista, ma deve poter esprimere la sua natura evangelica con immediata trasparenza, senza bisogno di parole: vivendo con naturalezza, oltre i segni culturali di altri tempi, la preghiera, la fraternità, l’apertura alla Chiesa e all’umanità. Questa è la visibilità del Carmelo. Domandiamoci: che tipo di visibilità diamo noi del Carmelo? E il Vangelo è una realtà “storica” o qualcosa che si fa presente ed evidente?  

Riflesso del volto di Gesù 

Ho tentato di tracciare un certo orizzonte spirituale a partire dalla domanda: chi sono le carmelitane nella Chiesa oggi? È una domanda comune a tutta la vita religiosa e alle diverse realtà della vita cristiana. Le indicazioni che ho cercato di dare non possono essere ricette, anche se riconosciamo che la vita reale ha sempre un risvolto pratico: si deve arrivare ogni volta al concreto, ma è importante conoscere con che presupposti, con che spirito, in che senso si determina il concreto sempre necessario. Da dove viene la vita concreta? Per sintetizzare quanto detto si potrebbe utilizzare questa formula: “Con Cristo, in cammino nella famiglia carmelitana teresiana”. Stiamo veramente con Cristo? È questo infatti che dobbiamo continuamente chiederci: le domande ci obbligano ancora di più a centrarci in Cristo e a porre nel nostro cuore il suo Vangelo e davanti a lui la nostra vita. Essere in cammino vuol dire avere coscienza del mondo e di noi stessi restando disponibili ai cambiamenti, aperti e sensibili alla voce di Dio nelle voci dell’umanità. L’accettazione serena della mancanza di certezze materiali può essere il nostro cammino. Non è strano questo per una mente carmelitana che ha imparato da Giovanni della Croce: la spiritualità carmelitana parla di una luce che arde invisibile in assenza di certezze – è il volto di Cristo. Allora possiamo dire in verità: “Tutti sono miei perché Cristo è mio”. Questa è la profonda spiritualità che ho ricordato e che rende autentica la nostra vocazione: una vocazione che ascolta, risponde ed è disposta a camminare.